A COSA SERVE LO STATO PATRIMONIALE?

Nonostante contenga informazioni di assoluta importanza per la gestione aziendale, lo stato patrimoniale è praticamente ignorato nell’80% delle piccole imprese.

Qual è il motivo?

Per spiegarlo pensiamo ad una situazione tipo: l’imprenditore vuole verificare l’andamento aziendale; di solito stampa il bilancio dal suo programma di contabilità, oppure lo chiede al commercialista.

A quel punto si ritrova tra le mani 7-8 fogli pieni di numeri; la sua attenzione è assorbita dalle voci che misurano il fatturato e i costi di maggiore entità.

Tra tanti numeri lo stato patrimoniale riceve poche attenzioni.

L’ostacolo maggiore è la complessità del formato. Concepito per assolvere gli adempimenti fiscali, lo stato patrimoniale contabile diventa inadeguato per chi cerca informazioni in ottica gestionale.

Perché il patrimonio netto e gli utili sono nelle passività?

Per utilizzare i numeri del bilancio bisogna prima di tutto capire cosa rappresentano. Definire una passività il capitale dei soci e gli utili accantonati, equivale a confondere le idee fin da subito.

Perché patrimonio netto e utili stanno nella colonna delle passività, insieme ai debiti verso le banche? 

Che senso ha? La risposta è: non ha senso! È una definizione sbagliata.

 

Per capire lo stato patrimoniale bisogna innanzitutto sostituire le definizioni delle due colonne “attivo e passivo” con termini più adatti, ovvero “impieghi e fonti”:

- Impieghi: sono i beni (asset) che l’impresa utilizza per svolgere l’attività e generare ricavi;

- Fonti: indicano da dove vengono e a chi appartengono le risorse che l’impresa utilizza per finanziare gli impieghi.

Ecco spiegato perché il capitale dei soci e i debiti verso la banca sono nella stessa colonna: sono entrambe risorse finanziarie. In questa logica i debiti verso le banche sono chiamati fonti di finanziamento esterne, mentre il capitale sociale e le riserve di utili sono fonti di finanziamento interne.

Riclassificare significa raggruppare le voci simili tra loro in classi e rendere così più agevole la lettura e la comprensione dei dati. In parte valgono gli stessi principi utilizzati per il conto economico riclassificato.

In questo modo è possibile rappresentare la situazione in modo più semplice ed immediato, come si vede nell’esempio seguente.

Ogni novità all’inizio può sembrare una complicazione e disorientare chi è abituato diversamente.

In realtà questo processo di conversione, chiamato riclassificazione dello stato patrimoniale, ha lo scopo di rendere più accessibili le informazioni nascoste nel bilancio.

Lo stato patrimoniale può essere anche rappresentato visivamente con un grafico che fa capire immediatamente le proporzioni tra le diverse fonti di finanziamento dell’impresa.

Lo stato patrimoniale riclassificato con il criterio finanziario

Lo stato patrimoniale è uno dei tre prospetti di bilancio, al suo interno sono indicate attività e passività, a differenza del conto economico che contiene costi e ricavi e il rendiconto finanziario che invece rileva le entrate e le uscite. Gli ultimi due riassumono i fatti accaduti nel corso dell’anno, mentre lo stato patrimoniale offre una “fotografia” della situazione aziendale alla chiusura dell’esercizio.

Il lungo elenco delle voci inserite nelle attività rappresenta un inventario di tutti i beni che l’azienda possiede, mentre dal lato delle passività, l’elenco riguarda la provenienza delle fonti di finanziamento.

Per interpretare meglio i dati la prima cosa da fare è riclassificare, ovvero raggruppare le voci in poche classi, suddividendo le attività in:

- Attivo fisso (le immobilizzazioni);

- Rimanenze di magazzino;

- Crediti a breve termini;

- Liquidità.

Mentre le passività, in:

- Patrimonio netto;

- Debiti a medio e lungo termine;

- Debiti a breve termine.

In questo modo è possibile valutare l’equilibrio finanziario e la solidità patrimoniale.

Ad esempio si può calcolare il margine di tesoreria che deve dare un risultato positivo altrimenti si corre il rischio di una crisi di liquidità.

Oppure il margine di struttura che influenza l’accesso al credito. Grazie inoltre alla riclassificazione dello stato patrimoniale, è possibile ottenere alcuni degli indicatori della crisi d’impresa come: gli indici di liquidità e di adeguatezza patrimoniale ma anche altri indici per il calcolo del rating bancario, quali: l’indice di indebitamento, il quick ratio e l’indice di autonomia finanziaria.

Quando analizzare lo stato patrimoniale?

Non ha senso tutti i mesi mettere in mano all’imprenditore dei numeri che non è in grado o non ha il tempo di approfondire. È decisamente meglio individuare alcuni momenti precisi durante l’anno da dedicare a questa attività.

È bene perciò stampare lo stato patrimoniale separatamente, e con minore frequenza, rispetto al conto economico.

I momenti giusti per focalizzare l’attenzione su questo prospetto sono:

- Marzo/aprile quando si chiude il bilancio dell’anno precedente;

- A novembre nella fase di preparazione del budget.

In parole povere, è meglio un’analisi fatta bene un paio di volte l’anno, piuttosto che “far finta” di guardarlo ogni mese.

Che informazioni si possono ricavare?

L’argomento è molto vasto e meriterebbe un articolo a parte più approfondito. Per ora possiamo comunque avere un’idea dei dati che si possono ricavare accennando ai tre aspetti che meritano più attenzione:

- Equilibrio finanziario: Per essere solida e affidabile un’impresa deve avere un’adeguata copertura finanziaria rispetto alle scadenze di breve termine. Ci dev’essere anche una corretta proporzione tra le fonti di finanziamento esterne e quelle interne.

- Rating: Misura il grado di accesso al credito e, seppure con alcuni limiti, offre un’idea di come l’impresa è percepita da fuori. Un esercizio valido per comprendere i meccanismi del rating è quello di osservarne le variazioni (positive o negative) nel tempo, e sforzarsi di capirne le motivazioni.

- Analisi comparata: Confrontare i valori registrati nei vari anni è un principio che vale anche per singole voci di stato patrimoniale come ad esempio: le rimanenze di magazzino, i crediti versi i clienti, i debiti verso terzi e i prelievi o il versamento dei soci.

Almeno una volta all’anno è poi indispensabile soffermarsi e analizzare l’evoluzione che queste voci hanno nel tempo ed interrogarsi sulle ragioni di certi cambiamenti.

Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore” (Legge di Murphy).  

Il “capitano della nave” deve essere sempre informato di tutto e consapevole della situazione in cui si trova. Deve saper vedere prima di tutti gli altri il pericolo che si avvicina, per decidere se cambiare rotta oppure chiedere aiuto.

Fonte: https://farenumeri.it/stato-patrimoniale/

A cura di: