ACCOUNT GRATUITO E SICURO (È SICURO?)

Gli account di posta elettronica gratuiti sembrano essere disponibili a centinaia, ma ci sono parecchie differenze quando si tratta di privacy e sicurezza.

Vi siete mai chiesti come guadagnano le aziende che propongo i servizi online gratuiti, come applicazione, cloud, mail, ecc.?

Come mai non paghiamo per usufruire dei servizi che offrono?

La risposta è semplice: “Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei TU”.

“Molti credono che Google sia solo un motore di ricerca e Facebook solo un posto dove vedere cosa fanno gli amici, e non capiscono che le società competono per la loro attenzione, per tenere le persone incollate allo schermo. La nostra attenzione è il prodotto che viene venduto” (dal film The Social Dilemma di Jeff Orlowski).

Siamo talmente abituati ad avere tutto “a portata di click” da dimenticarci che spesso, quando le cose sono troppo facili, dietro si nasconde un tranello, spesso a lungo termine, nel senso che renderà manifeste le conseguenze in momenti diversi e più tardi rispetto al momento in cui utilizziamo il servizio.

Il tutto reso subordinato al fatto che è tutto gratis.

Tutte le applicazioni di comunicazioni, dalle mail alla messaggistica istantanea sono piene dei nostri dati più sensibili, e non si parla solo del nome o della mail, ma anche del nostro indirizzo di casa, dei dati del nostro conto corrente o, ancora, di quelli relativi alla nostra salute come il valore del colesterolo, il calendario della fecondità o la pressione sanguigna.

Non è un caso se Facebook per acquistare WhatsApp ha pagato, qualche anno fa, 19 miliardi di dollari.

Ma come sarebbe possibile risanare il costo di tale spesa senza chiedere nemmeno un centesimo al miliardo e mezzo di persone che usufruiscono di questo servizio?

La risposta è semplice: la moneta di scambio è l’utente stesso, o meglio, la sua infinta mole di dati e relazioni.

Tutto ciò che condividiamo nei nostri messaggi, crea infatti un profilo delle nostre abitudini, dei nostri gusti, del nostro stile di vita e della nostra personalità.

Ogni aspetto che si evince dalle nostre comunicazioni è un parametro. Moltiplicando ciascuno di questi parametri per “un miliardo e mezzo di persone” è possibile avere una tendenza, anticipare i bisogni e quindi le scelte del mercato.

Capire i bisogni del mercato per anticipare l’offerta da immettere nel mercato è il bisogno di ogni azienda. Semplificando il concetto, se attraverso le comunicazioni di 100.000 utenti WhatsApp, il 75% dice di voler acquistare capi di rosso, di che colore saranno i capi delle prossime collezioni delle aziende di moda?

In ogni caso, è specificato che ognuno di noi è a conoscenza del fatto che le nostre informazioni vengono elaborate e comunicate a soggetti terzi.

E l’informazione ci viene data nel documento “termini e condizioni”, che la maggior parte accetta senza leggere, disponibile (obbligatoriamente) quando creiamo un account di posta elettronica ovvero nuovi account per l’iscrizione a siti web sfruttando le credenziali d Facebook perché è più veloce, o quando, pur di far sparire quei fastidiosi banner dalle pagine web, accettiamo qualsiasi cookie ci si presenti davanti.

Già 5 anni fa un’inchiesta del Wall Street Journal aveva rivelato che Google facesse leggere i messaggi di posta Gmail ai dipendenti di applicazioni di terze parti con cui la casa di Mountain View collaborava per lo sviluppo di servizi.

Nello specifico sembra che la Return Path, un’applicazione che analizza le mail in entrata degli utenti, e raccoglie dati per gli investitori pubblicitari, abbia fatto leggere ai suoi impiegati circa 8000 mail degli utenti Gmail, per sviluppare il software necessario al servizio, mentre la Edison, che aiuta gli utenti a gestire i loro messaggi mail, abbia fatto lo stesso per sviluppare la funzionalità “Smart Reply”.

Entrambe le applicazioni hanno ottenuto il consenso direttamente dagli utenti e questa pratica è prevista dagli accordi registrati al momento dell’utilizzo di Gmail.

Google inoltre chiede agli utenti specifici permessi quando si parla di integrazione con applicazioni di terze parti.

Le clausole contrattuali dei servizi mail gratuiti possono avere conseguenze per la privacy degli utenti, tra cui:

- Quelle legate alla possibilità di una contraffazione delle intestazioni dei messaggi di posta elettronica (cd. “email spoofing”) in modo tale che essi sembrano provenire da una sorgente mentre, in realtà, sono originati da una fonte completamente diversa;

- Quelle legate agli attacchi tramite gli allegati;

- Quelle legate dall’intercettazione della mail da parte di un malintenzionato, il cosiddetto “man in the middle” che si frappone tra mittente e destinatario cambiando il messaggio della stessa (è il caso, per esempio, della truffa dei finti codici IBAN su cui accreditare le fatture).

Questo perché le mail, in questa circostanza, vengono trasmesse non criptate, come se fossero state scritte su una cartolina (che tutti possono leggere).