CLONA PROFILO SOCIAL: 6 MILA EURO DI SANZIONE

IL DIRITTO A MANTENERE IL CONTROLLO SULLA RAPPRESENTAZIONE DI SÉ AGLI OCCHI DELLA SOCIETÀ

La creazione di un falso profilo prevede la generazione di un’identità digitale utilizzando l’immagine e le informazioni di un soggetto inconsapevole e non consenziente al fine di trarre in inganno terzi per ottenere benefici.

In questo caso il responsabile inganna gli altri sulla sua reale identità, spacciandosi per qualcun altro ma può anche semplicemente attribuirsi una falsa identità o status o qualità false.

Duplicare l’account Facebook o Instagram, creare un falso profilo e/o diffamare e minacciare sui social network, sono condotte che possono essere sanzionate non solo con la reclusione ma anche con un cospicuo risarcimento del danno in sede civile.

Tanto è stato disposto da una sentenza del 16 maggio 2022 del Tribunale di Palermo con cui l’imputato che si era appropriato del profilo di un’altra persona, è stato condannato per il reato di trattamento illecito di dati personali. Nel caso specifico si tratta di una donna di 34 anni che aveva creato un profilo falso su Facebook servendosi dell’immagine di un soggetto inconsapevole e non consenziente, amico dell’ex fidanzato, che non rispondeva più ai suoi messaggi.

La donna, attraverso il falso account, oltre a chiedere ripetuti aggiornamenti sulla situazione sentimentale all’ex fidanzato, riproponeva le medesime richieste anche ai suoi amici, che diventavano però anche destinatari di accuse e offese.

In questo caso il responsabile oltre a duplicare il profilo social di un’altra persona ha utilizzato i suoi dati personali per arrecargli un danno, pregiudicandone la reputazione e la vita sociale e lavorativa.

Sono stati gli amici che alla richiesta di spiegazioni all’ignara persona oggetto di furto di identità, hanno portato alla luce la situazione. L’uomo truffato ha alla fine sporto denuncia in procura per risalire all’indirizzo IP collegato all’utenza telefonica dal quale era stato creato il falso profilo e si è arrivato alla donna che si è giustificata dicendo di voler recuperare il rapporto con l’ex fidanzato.

In questo caso sussiste il concorso formale tra i reati di sostituzione di persona ex art. 494 del Codice Penale e il trattamento illecito di dati personali.

Il processo penale a carico dell’ex per il reato di trattamento illecito di dati personali si è concluso con una sentenza di patteggiamento a 5 mesi e 10 giorni di reclusione e la successiva richiesta danni in sede civile in considerazione del fatto che il falso profilo aveva causato problemi e discussioni nella vita reale.

Si specifica nella sentenza che l’utente del social network ha il diritto di “mantenere il controllo sulla rappresentazione che ha di sé agli occhi della società”, in quanto l’ordinamento tutela, al pari dell’identità personale, anche quella digitale, trattandosi di un diritto fondamentale della persona umana.

Si parla di trattamento illecito di dati personali quando nella creazione di un profilo su un social network vengono inseriti dati personali e sensibili propri della persona offesa, rendendoli visibili a tutti, al di là del fatto che gli stessi siano di dominio pubblico, e posto che il danno subito dal titolare dei dati è costituito dal pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale e non patrimoniale e dall’impossibilità di avere il controllo sui propri dati.

Non è la prima volta che la giurisprudenza torna sul concetto della tutela dei profili online, condannando la creazione dei falsi account da parte di familiari, conoscenti, coniugi o ex partner.

Era già successo in provincia di Napoli dove un vecchio amico d’infanzia della vittima aveva creato un falso profilo facendo altresì credere agli altri utenti che la vittima fosse disponibile ad approcci sessuali.

La condotta è costata al suo autore la condanna per diffamazione, sostituzione di persona e atti persecutori (Corte di cassazione, sentenza 323 del 10 gennaio 2022).

Un uomo della provincia di Ragusa invece è stato condannato per trattamento illecito dei dati personali per aver iscritto l’ex compagna a un sito web di incontri e inserito il falso profilo in una chat room denominata “sesso” (Corte di cassazione, sentenza 42565 del 17 ottobre 2019).

La dottrina ha ormai affermato che il profilo digitale di una persona, su social network o in rete in generale, è uno strumento di esternazione e di rappresentazione dell’individuo stesso, una proiezione digitale dell’individuo mediante una serie di elementi ed informazioni che lo caratterizzano. E come tale va tutelato, perché può comportare gravi lesioni della vita privata.