MASCHERINE E DISAGIO TERMICO: COME AFFRONTARE TUTTO QUESTO

Sul sito Portale Agenti Fisici (www.portaleagentifisici.it ) denominato anche PAF è stato da poco pubblicato un report che parla di quali criteri occorre seguire per la scelta di DPI (dispositivi di protezione individuale) con particolare riferimento a tutti quegli aspetti di criticità legati all’eventuale disagio termico che il lavoratore incorre nel corretto utilizzo. Va ricordato che l’obbligatorietà dell’utilizzo dei DPI facciali pre-Covid era già prevista ma per un numero limitato di attività lavorative, divenuta poi obbligatoria per la stragrande maggioranza dei lavoratori in qualsiasi contesto ambientale sia indoor che outdoor.

Premesso che gli APVR o apparecchi di protezione delle vie respiratorie sono progettati per proteggere i lavoratori dall'inalazione di sostanze o agenti pericolosi/patogeni (come polveri, fibre, fumi, vapori, gas, microrganismi e particolati), e che un’eccessiva esposizione a tali sostanze o agenti pericolosi/patogeni può causare danni significativi alla salute (vedi i dati ufficiali dell’INAIL che mostra come nel 2019 le malattie professionali a carico dell’apparato respiratorio occupano il quarto posto per le denunce protocollate in incremento al 2018), ricorrere al loro utilizzo (come riporta la norma) è obbligatorio quando non è possibile applicare mezzi di protezione collettiva (art.75 del D.Lgs. 81/2008) ovvero quelle misure tecniche e organizzative (nonché procedurali) idonee ad eliminare l’esposizione dei lavoratori a sostanze pericolose. La scelta di quale tipologia di DPI è più idonea in determinati ambienti di lavoro “dovrebbe” essere fatta solo a conclusione della valutazione del rischio specifico, tenendo conto di diversi aspetti, tra cui sia i fattori ergonomici che ancor più il fattore termico.

Infatti proprio il PAF pone come problematica da non sottovalutare l’affaticamento termico che potrebbe causare l’utilizzo del determinato dispositivo di protezione individuale a livello del sistema cardio respiratorio partendo dalle vie aeree della testa (naso e bocca) addebitabile all’effetto barriera che andrebbe a limitare lo scambio termico in e out, alla base della fisiologia umana per il corretto equilibrio O2/CO2 e non solo.

Un elemento che crea quella sensazione di stress nell’utilizzo del DPI è dovuto alla modifica del modo di respirare, accelerandone la frequenza e modificandone la tipologia che in situazioni normali, in soggetti adulti e in condizioni di riposo, è per lo più nasale, ma con l’intensificarsi dell’attività motoria da esclusivamente nasale passa a oronasale. Essendo il corpo umano una macchina perfetta, al fine di equilibrare il livello di calore interno e non di meno l’apporto di ossigeno per la corretta funzionalità organica, il sistema nervoso centrale ordina l’incremento delle vie di accesso dell’aria e la frequenza di immissione ed emissione di aria inducendo l’aumento della dispersione di calore (stessa cosa avviene anche in presenza di temperature eccessivamente fredde).

Ma con il DPI facciale l’aria espirata resta bloccata e ciò fa maggiormente percepire il calore a seguito dell’aumentata presenza di vapore acqueo.

Altro elemento da non sottovalutare è l’effetto soffocamento che potrebbe provare un individuo (soprattutto in periodi caldi e lavori dispendiosi di ossigeno).

Il disagio che crea tale disturbo porta come conseguenza affaticamento che non solo risulta dannoso per il normale equilibrio fisiologico ma ne abbassa anche il livello di lucidità e ne fa aumentare il potenziale rischio infortunistico da “disattenzione”.

In casi più rari (ma reali), una risposta alla sensazione di claustrofobia è quella provocata dal rilascio da parte del nostro SNC di neurotrasmettitori (come ad esempio le catecolamine, l’adrenalina e la noradrenalina) che induce un aumento dell'attività metabolica che si manifesta con un'elevata frequenza cardiaca e respiratoria, palpitazioni, alta pressione sanguigna, ecc. Una sensazione di calore associata a questi eventi può essere dovuta all'incremento dello sforzo respiratorio dovuto ad una maggiore resistenza respiratoria percepita del dispositivo, oppure all'aumento della sudorazione nel microambiente del facciale dovuto allo stress psicologico che potrebbe aumentare la temperatura di quella zona del viso.

Va ricordato inoltre che alcuni soggetti affetti da disturbi di ansia mostrano un disturbo d’ansia definito “respiratorio”, caratterizzato da una respirazione intensa sotto un attacco di panico, probabilmente legata ad un falso allarme di soffocamento proveniente dal Sistema Nervoso Centrale e sono molto sensibili agli aumenti dei livelli di CO2 nell'organismo.

Quindi cosa fare per evitare tutto questo?

Sicuramente prima fra tutte è operare con il raffreddamento del viso e delle vie oronasali, programmare ancor più attentamente le pause di recupero e la frequente idratazione.

Ma resta comunque di primaria importanza partire introducendo il DPI sempre e solo dopo un’attenta valutazione dei rischi, dell’accettazione da parte dei lavoratori e di quali possano essere i possibili riscontri sulle condizioni fisiche o ergonomiche dell’attività lavorativa svolta. Inoltre occorre studiare bene sia l’adattabilità dei DPI alle caratteristiche fisiche dei lavoratori (in particolare per i soggetti definiti “sensibili”, come ad esempio donne in gravidanza, soggetti ipertesi o cardiopatici, individui con patologie neurologiche o alla tiroide, con patologie croniche al sistema respiratorio, claustrofobici, epilettici, e/o con disturbi frequenti provocati da crisi di panico, ecc...) che il loro comfort termico in visione della durata dell’utilizzo e dell’ambiente di lavoro.

Quindi, oltre al mantenimento in massima efficienza degli impianti di condizionamento e di areazione che garantiscono un buon ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro nel caso di lavori indoor, o il corretto funzionamento del sistema di climatizzazione nelle macchine industriali (e non solo), la congruità e la ponderatezza nella scelta del dispositivo, può diminuire tutti quei fattori di rischio elencati nonché ridurre il grado di inaccettabilità e intolleranza verso il DPI stesso e quindi favorire il lavoratore al corretto utilizzo.

È indispensabile che prima dell'impiego dei DPI delle vie respiratorie il lavoratore sia informato (formato ed addestrato) sul corretto impiego degli stessi al fine di migliorarne anche l'accettabilità e l'adattabilità alle condizioni individuali.

A chiarimento di quanto sopra, si rimanda a quanto espresso dall'OMS (WHO, 2020), in merito agli aspetti di criticità legati all'impiego di DPI facciali per la popolazione generale, che è sempre opportuno che siano tenuti sotto stretto controllo negli ambienti di lavoro, nell'ambito della valutazione dei rischi:

Potenziale rischio di auto-contaminazione a seguito della manipolazione della mascherina e successivo contatto delle mani contaminate con viso ed occhi;

Potenziale rischio di auto-contaminazione se non si provvede alla sostituzione di maschere inumidite o sporche;

Emicrania o difficoltà di respirazione in relazione alle caratteristiche individuali;

Sviluppo di lesioni cutanee/dermatiti o peggioramento di patologie dermatologiche;

Difficoltà di comunicazione verbale chiara, soprattutto per attività al pubblico;

Disagio termico, anche in relazione alle caratteristiche di suscettibilità individuale;

Difficoltà di comprensione della comunicazione verbale per persone con problemi uditivi per impossibilità di leggere il movimento delle labbra, anche in relazione alle caratteristiche acustiche dell'ambiente.