Il crollo del ponte Morandi ha rafforzato una tendenza già in atto, da tempo si era tornato a parlare di possibili nazionalizzazioni. Il mutamento è rilevante, dato che negli ultimi decenni era prevalsa una tendenza volta semmai a privatizzare: a riportare sul mercato beni e attività che in precedenza erano state gestite dallo Stato.
Era diventato un luogo comune, PRIVATO È BELLO e a partire dagli anni ‘90 (rilevante il ruolo di tangentopoli nell’influenzare l’opinione pubblica) si è dato il via ad una serie di privatizzazioni. Banche, Alitalia, acciaierie di Taranto e di Terni, telefonia, energia e concessioni autostradali, le più conosciute e rilevanti.
Come è andata a finire per Alitalia, Acciaierie e concessioni autostradali è cronaca di questi giorni su cui tanto si è scritto e sul quale non vale la pena di aggiungere altro.
Più in generale con un documento pubblicato il 10 febbraio 2010, la Corte dei Conti ha reso pubblico uno studio nel quale elabora la propria analisi sull'efficacia dei provvedimenti adottati, segnalando un recupero di redditività da parte delle aziende passate sotto il controllo privato, dovuto però non alla ricerca di maggiore efficienza quanto piuttosto all'incremento delle tariffe di energia, autostrade, banche, ecc. ben al di sopra dei livelli di altri paesi europei. A questo aumento, inoltre, non avrebbe fatto seguito alcun progetto di investimento volto a migliorare i servizi offerti.
Inoltre – sempre a detta della Corte dei Conti - le procedure di privatizzazione, evidenziano una serie di importanti criticità, che vanno dall'elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito.
Ma come si era giunti a questa “bulimia” del pubblico che - alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso in una virtuale sovietizzazione dell’economia - vedeva lo Stato quale produttore di prodotti che andavano dallo yogurt al panettone, dall’abbigliamento alle autovetture?
Se le principali privatizzazioni sono racchiuse in un ventennio, i processi di nazionalizzazione dell’economia si sono concretizzati per quasi un secolo. Tre sono volta per volta le motivazioni addotte:
1. La prima tutta ideologica, tendeva ad associare ai privati un atteggiamento egoistico, mentre lo Stato veniva pensato quale soggetto orientato a fare il bene della società. La riflessione pur se banale trovava la sua efficacia nel considerare che in fondo un'azienda pubblica potesse fornire servizi a prezzi inferiori, dato che non aveva bisogno di fare profitti.
2. La seconda anch’essa ideologica ma sicuramente più fondata considerava che in settori strategici quali le comunicazioni, l’energia e i trasporti aerei o ferroviari, il controllo statale fosse indispensabile. L'uomo che forse più di tutti influenzò l'affermarsi di una strategia economica statocentrica fu Enrico Mattei, che grazie all'Eni riuscì a creare in Italia un monopolio sul gas e su tutte le attività estrattive, trovando dinanzi a sé pochi oppositori. Ma anche la nazionalizzazione dell’energia elettrica, istituendo nel 1962 ENEL, con l'esplicita intenzione di arrivare ad avere un solo soggetto erogatore di energia posseduto dallo Stato.
3. La nazionalizzazione quale strumento per affrontare le grandi crisi economiche di sistema che - nell’intento di salvaguardare i posti di lavoro - portava sotto il controllo dello stato imprese spesso strategicamente decotte, per cui l’intervento pubblico si limitava a coprire le perdite prodotte anno dopo anno.
Ma il processo di nazionalizzazione delle attività private non iniziò nel secondo dopoguerra, ma addirittura nell’Italia pre-unitaria. Essa riguardò in particolare le poste che fino ad allora erano state date in appalto a privati nella maggioranza degli stati.
1. Nel Regno di Sardegna la statizzazione avvenne con l'editto di Vittorio Amedeo II del 1718;
2. Il governo austriaco decise l'incameramento delle Poste del Ducato di Milano;
3. Nel 1786 per ordine di Ferdinando III, il servizio postale del Regno di Sicilia fu avocato dallo Stato con il nome di Poste di Sicilia.
Nell’Italia unitaria le statalizzazioni principali iniziarono nel 1905:
1. Il governo Giolitti sancì nel 1905 la statalizzazione delle ferrovie italiane, istituendo l'Amministrazione autonoma delle Ferrovie dello Stato allo scopo di affidarle la gestione della rete fino ad allora gestita da privati. Rimasero tuttavia numerose compagnie private che esercitavano linee minori.
2. Nel 1907 vennero a scadere anche le concessioni telefoniche, vennero perciò nazionalizzate le reti delle due maggiori concessionarie, la Società generale italiana dei telefoni e applicazioni elettriche di Roma, legata alla americana Bell e la Società Telefonica Alta Italia di Milano, emanazione della Siemens, che furono gestite dal Ministero delle Poste e Telegrafi. Rimanevano tuttavia 64 piccole concessionarie locali.
3. La legge 305 del 4 aprile 1912, ordinò la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita, al fine di finanziare la Cassa per la vecchiaia e invalidità dei lavoratori senza incidere sulle casse dello Stato. Conseguentemente, nello stesso anno, fu istituito l'INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni).
Negli anni Trenta in seguito alla grande depressione è avvenuto il salvataggio di molte industrie e banche in crisi. Lo Stato, attraverso lo strumento dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale, ha portato tali imprese sotto il suo controllo. L'Iri nacque come ente temporaneo con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse, nel 1934 l'IRI stipulò con le tre maggiori banche italiane: Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma, tre distinte convenzioni con cui gli istituti di credito cedevano all'IRI le proprie partecipazioni industriali portando lo Stato a gestire banche, industrie, compagnie di navigazione, elettriche e telefoniche.
Durante il boom economico del secondo dopoguerra, anzi al suo declinare:
1. Nel 1962 fu deliberata la nazionalizzazione delle imprese elettriche – trattandosi di un punto programmatico della neonata alleanza politica di centro-sinistra – al fine di fare dell'energia elettrica uno strumento di sviluppo del Paese, definendo una politica nazionale dell'energia elettrica, anche sulla base delle esperienze di altri paesi quali Francia e Gran Bretagna.
2. Nel 1964 fu organizzata l'operazione di incorporazione nella nuova SIP - Società Italiana per l'Esercizio Telefonico delle cinque concessionarie.
3. È difficile enumerare le acquisizioni di partecipazioni dell’IRI che sull’onda lunga della crisi di fine anni ‘60, sino a tutti gli anni ‘70 mise in essere grandissimi investimenti: la costruzione dell'Italsider di Taranto e quella dell'AlfaSud di Pomigliano d'Arco. Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI effettuò – ad esempio - i "salvataggi" della Motta e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di aziende alimentari dalla Montedison; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'Istituto. Nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1 000 società con più di 500 000 dipendenti. È stato a suo tempo una delle più grandi aziende non petrolifere al di fuori degli Stati Uniti d'America; nel 1992 chiudeva l'anno con 75 912 miliardi di lire di fatturato, ma con 5 182 miliardi di perdite.
E dalla liquidazione delle partecipazioni dell’IRI che, in effetti, parte la stagione delle privatizzazioni proseguita poi per oltre 20 anni:
1. cessione di 29 aziende del gruppo, tra le quali la più grande fu l'Alfa Romeo, privatizzata nel 1986;
2. la liquidazione di Finsider, Italsider e Italstat;
3. lo scambio di alcune aziende tra STET e Finmeccanica;
4. la tentata vendita della SME al gruppo CIR di Carlo De Benedetti.
5. Le poche aziende (Finmeccanica, Fincantieri, Fintecna, Alitalia e RAI) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del Tesoro e l’IRI stessa (27/06/2000) venne messa in liquidazione.
Ma era già partito il “gioioso treno” delle privatizzazioni…