QUANDO L’UNICA CERTEZZA E’ CHE NON BISOGNA CONSERVARLO, COMUNICARLO, REGISTRARLO

E NONOSTANTE CIO’ CI SI ATTIVA CON PROCEDURE PER CONSERVARLO, COMUNICARLO E REGISTRARLO

L'uomo comprende tutto, salvo ciò che è perfettamente semplice. ... Il progresso è la capacità dell'uomo di complicare la semplicità. (Thor Heyerdahl)

Che tradotto in questo periodo di attesa che ci separa dal 15 ottobre, giorno in cui sarà obbligatorio il Green Pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, significa redazione di procedure fai da te che puntualmente non rispettano le regole del  decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 luglio 2021, n. 175 e del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening.

Ribadendo che rimane un discorso di sicurezza sui luoghi di lavoro, e che quindi la prima consulenza e procedura parte da questa valutazione e dalle direttive di professionisti della materia, preme sottolineare come la corsa alla raccolta del Green Pass non rientra in nessuna procedura e quindi come tale non è prova esimente in caso di controllo, non previene nessuna sanzione amministrativa e non facilita la gestione lavorativa delle aziende. Ma anzi crea confusione e rischia di non essere funzionale al fine, ovvero tutelare la salute pubblica di ognuno di noi perché se io mi affido a una data di scadenza o a una fotocopia del QR Code, senza controllarlo quotidianamente, io non saprò se quel certificato è stato revocato per positività al Covid del possessore. Qualcuno ci ha pensato?

Considerando che altresì il non rispetto delle regole previste dalle norme sopra citate può comportare un problema, in riferimento a quanto premesso, ovvero la richiesta e conservazione del Green Pass va specificato che i Titolari del trattamento/datori di lavoro/delegati tenuti alla verifica della certificazione verde sono obbligati al rispetto delle prescrizioni in materia di protezione dei dati personali.

La verifica del QR-code contenuta nel c.d. Green Pass comporta, infatti, un trattamento di dati personali, le cui modalità di verifica sono state espressamente previste dal DPCM del 17 giugno 2021, e in maniera tale che non possono comportare alcun tipo di fraintendimento o interpretazione.

L'art. 13 del medesimo DPCM specifica che “la verifica delle certificazioni verdi Covid-19 è effettuata mediante la lettura del codice a barre bidimensionale, utilizzando esclusivamente l'applicazione mobile descritta nell'allegato B (VerificaC19) che consente unicamente di controllare l'autenticità, la validità e l'integrità della certificazione, e di conoscere le generalità dell'intestatario, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l'emissione”.  

Al comma 5 è specificato, si stabilisce che: ”L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma”. Ciò significa che il Green Pass non può essere comunicato per mail, per messaggio, WhatsApp, conservato in archivio in forma cartacea, registrato con la data di scadenza, ecc.

L’Autorità Garante con nota dello scorso 6 settembre ha dichiarato che le operazioni di trattamento relative alla verifica del Green Pass restano valide solo nell’ambito strettamente circoscritto agli obblighi di legge e resta fermo il divieto di richiedere copia o prelevare copia digitale del Green Pass e di annotazione (cartacea o digitale) della validità della certificazione.

L’unico soggetto deputato alla conservazione è il Ministro della Salute in qualità di titolare del trattamento. Ulteriore e diversa attenzione quindi deve essere posta per quelle modalità di verifica che sfruttano soluzioni tecnologiche con la funzione di automatizzare le verifiche, come ad esempio i “Totem” che non prevedono il ricorso ad una persona ma sfruttano l’efficacia di un sistema informatico allo scopo di velocizzare il processo.

Si ricorda altresì che non è consentito neanche chiedere se il detentore di Green Pass ha fatto il vaccino, per capire la validità del certificato verde. Soprattutto in ambito lavorativo, il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale.

Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Altresì tali informazioni non possono essere richieste neanche al medico competente che in nessun caso può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati.

A seguito di questo vale la pena sottolineare che il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.

In ultimo se il dipendente fornisse tali informazioni e/o inviasse il Green Pass, il datore dovrebbe cancellare la mail, il messaggio o la lettera con cui è avvenuta la comunicazione e avvisare il dipendente.