CESSIONE DI CREDITI DETERIORATI: TRASFORMAZIONE IN CREDITO D’IMPOSTA

NOVITA’ DECRETO “CURA ITALIA” (ART. 55,D.L. 17 MARZO 2020, N. 18)

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della L. 24 aprile 2020 n. 27, di conversione del DL 18/2020 (c.d. “Cura Italia”), trova il suo assetto definitivo la normativa contenuta nell’art. 55 del decreto che prevede nuove e più favorevoli modalità di trasformazione in crediti d’imposta delle imposte anticipate (cd Deferred Tax Assets, DTA) riferibili:

-Alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’art. 84 del D.P.R. n. 917/1986 (“TUIR”);

-All’eccedenza dell’importo del rendimento nozionale rilevante ai fini del c.d. Aiuto alla Crescita Economica di cui all’art. 1, comma 4, del D.L. n. 201/2011 (“ACE”), non ancora dedotta né fruita tramite credito d’imposta alla data della cessione dei crediti.

La disposizione è finalizzata a sostenere le imprese che, al contempo, registrino sotto il profilo finanziario, difficoltà nell’incasso dei crediti e sotto il profilo economico, risultati insufficienti ad assorbire le perdite fiscali pregresse e le eccedenze di ACE.

Secondo la relazione illustrativa, la norma è, infatti, volta a incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l’attuale contesto di incertezza economica, consentendo di monetizzare anticipatamente le DTA riconducibili alle perdite pregresse e alle eccedenze di ACE, anziché attraverso il naturale utilizzo di tali posizioni fiscali nei successivi periodi d’imposta a riduzione degli imponibili, mediante l’immediata fruizione di un credito d’imposta, con conseguente diminuzione del fabbisogno di liquidità nel breve termine.

La disciplina è riservata ai soggetti costituiti sotto forma di società di capitali.

Sono escluse dall’ambito applicativo della norma in commento le società:

- Per le quali sia stato accertato lo stato o il rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 17, del D.lgs. n. 180/2015 (disciplina in materia di risanamento e risoluzione degli enti creditizi);

- Per le quali sia stato accertato lo stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 5 del R.D. n. 267/1942 (c.d. “Legge fallimentare”) o dell’articolo 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 14/2019 (c.d. “Codice della crisi e dell’insolvenza”).

La fruizione dell’agevolazione è condizionata alla cessione a titolo oneroso da parte delle società, entro il 31 dicembre 2020, di crediti commerciali o finanziari c.d. “deteriorati”, definiti dalla norma come i crediti vantanti verso soggetti inadempienti. La disposizione precisa che costituisce inadempimento ai fini in esame il mancato pagamento che si protragga per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto.

Sebbene la norma non chiarisca espressamente la natura delle cessioni rilevanti ai fini dell’agevolazione (pro-soluto o pro-solvendo), in considerazione dell’intento del Legislatore di supportare finanziariamente le imprese si dovrebbe propendere per un’interpretazione estensiva volta a considerare rilevante qualsiasi cessione avente ad oggetto crediti deteriorati. Non assumono rilevanza ai fini in esame le cessioni di crediti infragruppo (i.e. intervenute tra società legate da rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del c.c. e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto).

Come già rilevato, le DTA trasformabili in credito d’imposta sono esclusivamente quelle riferibili alle perdite fiscali riportabili (ai sensi dell’art. 84 del TUIR) e ad eccedenza ACE riportabile a condizione che, alla data di cessione dei crediti, esse non siano state ancora utilizzate a riduzione del reddito imponibile. Si tratta di posizioni che rilevano soltanto ai fini dell’IRES con la conseguenza che il credito d’imposta dovrà essere determinato nella misura del 24%. Sono trasformabili in credito d’imposta anche le DTA non iscritte in bilancio ossia quelle che non hanno superato il cd. probability-test, purché siano riferibili ai componenti indicati dalla norma (perdite/eccedenza ACE), non ancora dedotti o fruiti alla data della cessione dei crediti deteriorati e già esistenti al termine del periodo d’imposta 2019.

Ai fini della conversione delle DTA, le posizioni soggettive possono essere considerate per un ammontare massimo non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti a titolo oneroso (limite relativo). Non assume, invece, alcuna rilevanza il corrispettivo di cessione dei crediti. A ciò si aggiunga che i crediti ceduti entro il 31 dicembre 2020 assumono rilevanza per un valore nominale non eccedente 2 miliardi di euro (limite assoluto). La trasformazione delle DTA in crediti d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti deteriorati.

Dalla medesima data i crediti d’imposta trasformati potranno essere utilizzati:

- In compensazione orizzontale ai sensi dell’articolo 17 del D.L. n. 241/1997 senza limiti di importo;

- Ceduti secondo quanto previsto dall’articolo 43-bis o dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602/1973;

- Chiesti a rimborso.

I crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione vanno indicati nella dichiarazione dei redditi, non sono produttivi di interessi e non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini IRES né della base imponibile IRAP.

La trasformazione delle DTA in crediti d’imposta è condizionata all’esercizio da parte della società cedente, entro il 31 dicembre 2020, dell’opzione di cui all’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 59/2016 e al conseguente pagamento del canone annuo pari all’1,5% della differenza, misurata alla fine di ciascun anno, tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate da convertire (e già convertite) e le imposte versate a titolo di IRES. Detta opzione, qualora non già esercitata (a fronte di una delle precedenti analoghe disposizioni agevolative), deve essere esercitata entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti e ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione (sul punto dovrebbero ritenersi ancora valide le indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 22 luglio 2016).

Si veda il seguente esempio di calcolo:

Ipotizzando la cessione di un credito del valore nominale di 5 milioni di euro, il plafond disponibile per la conversione è pari a 1 milione di euro. Supponendo che la società abbia in dote perdite fiscali ed eccedenze ACE capienti, le DTA trasformabili ammontano a 240.000 euro (il 24% di 1 milione). La società viene, quindi, nella disponibilità di un credito d’imposta di 240.000 euro e deve contestualmente annullare perdite e/o eccedenze ACE per un milione di euro.

Con riguardo ai costi, la cessione dei crediti dovrebbe avvenire in regime di esenzione IVA: la R.M. n. 71/2000 vincola, infatti, l’esenzione al fatto che l’obiettivo della cessione sia quello di finanziare il soggetto cedente (obiettivo che è proprio quello della disciplina in commento). Ciò comporterebbe l’imposta di registro fissa in virtù delle ordinarie regole dell’art. 40 del DPR 131/86, e non l’imposta proporzionale dello 0,50% che risulterebbe invece dovuta se l’operazione avvenisse fuori campo IVA (regime, quest’ultimo, tipico delle cessioni effettuate nel contesto della datio in solutum). Né vi sarebbero effetti sul pro rata di detrazione, posto che la cessione del credito integrerebbe un’operazione che non forma oggetto dell’attività propria del soggetto passivo (risulterebbe però indetraibile in modo “specifico” l’IVA relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare l’operazione).

Fonti: articolo di Gianluca Odetto pubblicato sul sito: www.eutekne.info

Articolo di Paolo Serva e Carlo Andrea Curti pubblicato sul sito: www.dirittobancario.it

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