COME SI CALCOLANO I COSTI FIGURATIVI NEL CONTROLLO DI GESTIONE

I costi figurativi (o oneri figurativi) sono costi virtuali. Riguardano situazioni aziendali esistenti, ma non sono registrati in contabilità.

Hanno una rilevanza sul piano gestionale, ma dal punto di vista amministrativo e fiscale i costi figurativi non esistono.

Esempi di costi figurativi:

- Utilizzo degli immobili totalmente ammortizzati;

- Uso dei macchinari totalmente ammortizzati;

- Impiego dei beni in comodato d’uso;

- Costo finanziario dei capitali conferiti dai soci;

- Costo (di mercato) del lavoro prestato dai soci.

I costi figurativi si hanno quando un’azienda utilizza beni e risorse senza generare un costo dal punto di vista delle scritture contabili.

Si tratta di una situazione favorevole di cui occorre tenere conto quando si vuole fare il calcolo di redditività dell’azienda, altrimenti si rischia di avere una rappresentazione distorta della performance aziendale.

Per fare un paragone, è come andare su una bicicletta con pedalata assistita. Non c’è nulla di male, però è importante che l’imprenditore sia consapevole che raggiunge un certo risultato perché gode di questo vantaggio, non perché è più bravo degli altri.

Perché è importante conoscere e considerare i costi figurativi?

Ipotizziamo di avere 2 aziende “gemelle” con lavori e volume di affari analogo.

Sul piano contabile l’azienda Bianchi registra una redditività maggiore rispetto a Rossi. Tuttavia, in termini pratici, Bianchi è un’azienda meno performante. 

Infatti, considerando il costo figurativo dell’immobile ammortizzato, la situazione cambia parecchio.

Il computo dei costi figurativi ha modificato radicalmente lo scenario descritto dal bilancio contabile. L’imprenditore ha una percezione più aderente alla realtà rispetto alla reale capacità dell’azienda di produrre reddito.

Per comprendere ancora meglio proviamo ad immaginare la situazione che si cela dietro i numeri della ditta Bianchi.

Il signor Bianchi è titolare di un’azienda storica, sul mercato da 50 anni. È consapevole che rispetto al passato i margini si sono assottigliati, ma tutto sommato è soddisfatto del suo lavoro. Alla fine dell’anno il risultato d’esercizio è positivo, tanto da essere migliore di quello di altri concorrenti.

La verità invece è un’altra: Bianchi gode del vantaggio di lavorare in un immobile senza pagare affitti.

Che si tratti di un “immobile di famiglia” o di un bene totalmente ammortizzato, questo beneficio va escluso quando si misura la redditività aziendale.

Ignorando i costi figurativi il sig. Bianchi matura la falsa convinzione di avere un’azienda più efficiente rispetto al sig. Rossi.

Invece, volendo fare un puro calcolo di convenienza, al sig. Bianchi conviene cercare qualcuno cui affittare l’immobile e chiudere l’azienda. L’affitto che intascherebbe sarebbe tutto utile (+70).

Quando mi capita di incontrare persone come il sig. Bianchi, l’invito non è mai quello di chiudere. Rappresentare i numeri aziendali in modo corretto serve piuttosto a “posizionare l’asticella” all’altezza giusta. A quel punto, tocca all’imprenditore organizzare l’impresa in modo che sia in grado di raggiungere un livello di redditività adeguato. 

Quando è opportuno considerare i costi figurativi

Il momento migliore per imputare i costi figurativi è il budget. Se il sig. Bianchi ha conferito 100.000 € di risorse personali per finanziare l’azienda, bisognerà mettere a budget 4-5.000 € di interessi (figurativi). Altrimenti l’imprenditore si “dimentica” e questa risorsa rischia di diventare gratuita. 

Altro esempio: se Bianchi lavora 60 ore alla settimana, va messa a budget un’adeguata remunerazione (di mercato). Il budget e l’inserimento dei costi figurativi non sono la “bacchetta magica” che da soli aumentano la redditività. Sono piuttosto strumenti che aiutano l’imprenditore ad avere un quadro completo della situazione e a fissare obiettivi aziendali corretti.

Ragionando solo con dati di contabilità, si incappa fatalmente in questi errori cognitivi. Si fissa l’asticella troppo in basso con il rischio di accontentarsi di risultati mediocri, talvolta senza esserne neppure consapevoli.

Come calcolare e gestire i costi figurativi

Il criterio più logico è definire un controvalore di mercato. In pratica, il costo di acquisto di quel bene o servizio. Va benissimo una stima approssimativa. 

Non serve spendere troppo tempo per definire un valore preciso, la cosa più importante è ricordarsi di considerare i costi figurativi.

Che procedure utilizzare per mantenere il computo dei costi figurativi? 

Alcuni programmi di contabilità prevedono funzionalità per l’inserimento dei costi figurativi nei prospetti di bilancio. Per esperienza ne sconsiglio l’utilizzo.

L’imprenditore ha bisogno di capire al volo i numeri che ha davanti. Utilizzare il programma di contabilità in questi casi genera confusione. Molto meglio usare il foglio di calcolo (Excel).

Per avere percezione immediata, meglio lavorare con schemi e prospetti diversi a seconda del tipo di analisi che si intende fare.

Come già ricordato, il momento ideale per analizzare i costi figurativi è in sede di budget. Quando si ragiona sui risultati attesi per l’anno successivo è fondamentale fissare obiettivi adeguati.

La redditività aziendale dovrà essere tale da remunerare adeguatamente le risorse impegnate.

I costi figurativi vanno trattati nell’ambito di procedure che attengono il Controllo di Gestione.

I processi contabili tradizionali non sono adatti a questo scopo. Chi è abituato a lavorare con fatture, incassi e pagamenti, arranca quando è chiamato a ragionare su elementi che non hanno un concreto riscontro in contabilità. Molti imprenditori faticano ancora a comprendere questa distinzione.

Per spiegarlo con un esempio, sarebbe come chiedere ad un meccanico di fare il lavoro del carrozziere o viceversa. Riparano auto entrambi, ma i lavori sono diversi.

Fonte: : https://farenumeri.it/costi-figurativi/

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