CONDANNATO IL PREPOSTO: NON HA SOSPESO L’ATTIVITÀ LAVORATIVA PERICOLOSA

La Corte di Cassazione ha confermato, con sentenza 186/2000, quanto stabilito dalla Corte di appello di Brescia: L'imputato, in particolare, è stato ritenuto colpevole di avere, nella qualità di preposto, con funzioni di capocantiere, allo svolgimento di lavori di rimozione di circa 8.000 mq. di lastre di eternit poste a copertura di capannoni industriali, cagionato la morte del lavoratore B.B., derivata da politraumatismo contusivo produttivo di lesioni cranio-meningo-encefaliche, fratture plurime di rachide e di bacino, sfondamento toracico e contusioni addominali, conseguenti a una caduta del lavoratore da circa 10 metri, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché violazione di norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro, ed in particolare degli artt. 111, 115 e 148 in relazione al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 18, comma 1, lett. f) e art. 19 in ragione della riscontrata carenza di presidi di sicurezza contro la caduta dall'alto, sia di tipo collettivo (ponteggi, reti di sicurezza, tavole) che individuali (linea vita, cinture di sicurezza).

All'A.A. è stato, altresì, imputato di aver fatto proseguire i lavori, nelle condizioni indicate, fino alla verificazione del sinistro, nonostante, il giorno precedente, fosse stato informato verbalmente dal responsabile per la sicurezza del cantiere della necessità di sospendere i lavori, stante l'assenza di idonee misure di sicurezza in cantiere contro la caduta dall'alto.

Il preposto, infatti, è una figura nominata all’interno della realtà aziendale per sovrintendere l’attività dei lavoratori e garantire l’attuazione delle direttive di sicurezza sul lavoro.

Come stabilito dall’art 9, comma f-bis) del D.Lgs. 81/08, il preposto ha l’obbligo, in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, di interrompere temporaneamente l’attività e segnalarlo tempestivamente al datore di lavoro.

La Corte di Cassazione ha difatti ritenuto inammissibile il ricorso presentato dall’imputato che lo ha rigettato per tali motivi: l’imputato al momento dei fatti, ricopriva la qualifica di preposto, espressamente assegnatagli dal POS, ed aveva inoltre ammesso di essere stato nominato responsabile del cantiere, disponendo di un'adeguata competenza tecnica in quanto aveva ricevuto una formazione specifica.

Era stato inoltre inquadrato nell'organigramma aziendale all'interno di un ufficio tecnico, ed era il referente diretto degli operai, che prendevano da lui direttive sulle cose da fare.

Ne consegue che la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).”

 

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https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=31024:cassazione-penale,-sez-4,-22-novembre-2023,-n-46855-mortale-caduta-dall-alto-responsabilit%C3%A0-del-preposto&catid=17&Itemid=138

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