A fine giugno, stando al calendario che stabilisce le scadenze per i conti pubblici, il Ministero dell'Economia presenterà in Parlamento il bilancio di assestamento. Si tratta di un adempimento di carattere prevalentemente formale, con il quale viene aggiornato a metà anno il bilancio di previsione annuale in seguito alle decisioni assunte dopo la sua approvazione.
In questo caso, l'appuntamento riveste una certa importanza poiché il bilancio di assestamento dovrà recepire l'effetto dell'extradeficit disposto dal Governo e autorizzato dal Parlamento.
Due scostamenti di bilancio di 32 e 40 miliardi, disposti per far fronte alle conseguenze economiche e sociali della pandemia, con i quali sono stati finanziati i due Decreti “Sostegni”.
Anche in conseguenza degli scostamenti di bilancio disposti fino ad oggi, il deficit del 2021 viaggia verso l'11,8% del Pil, in aumento di oltre due punti rispetto al 9,5% del 2020.
La stima è contenuta nel Documento di Economia e Finanza di aprile, ed è “tarato” su una previsione di crescita del Pil del 4,5% nel suo profilo programmatico (4,1% nella proiezione tendenziale).
Qualora, com'è nelle aspettative del Governo, l'asticella della crescita si collocasse nei dintorni del 5%, il deficit potrebbe scendere di qualche decimale, ma saremmo comunque ben oltre i limiti (per ora sospesi) previsti dalla disciplina di bilancio europea.
Non è un problema nell'immediato, e non lo sarà nemmeno nel 2022, quando il deficit dovrebbe attestarsi al 5,9% del Pil.
Lo sarà dal 2023, quando cesserà il periodo di sospensione del patto di stabilità. Secondo il timing previsto dal Governo tra due anni il deficit si ridurrebbe al 4,3%, e a quel punto tutto dipenderà da quali nuove regole verranno adottate in sede europea, in sostituzione dei vecchi parametri.
Verso nuove regole europee…
Il commissario degli affari economici, Paolo Gentiloni, ha affermato che al momento è difficile fare una previsione circa i nuovi parametri sui quali verrà costruita l'architettura della governance economica europea. Si aprirà in autunno una discussione a livello tecnico e politico che si annuncia molto complessa perché occorrerà individuare una via di compromesso tra le posizioni tradizionalmente più rigoriste dei Paesi del Nord Europa e quella decisamente più flessibile del Sud Europa.
E la recente intervista al Financial Times dell'ex Ministro delle Finanze tedesco e attuale presidente del Bundestag Wolfgang Schauble (i Paesi ad alto debito dovranno ridurlo e se non lo faranno dovrà intervenire un'istituzione europea) lascia intendere che il cammino sarà pieno di ostacoli. Di certo, nulla si muoverà prima dell'esito delle elezioni tedesche in programma a settembre.
Nuovi scostamenti di bilancio “dietro l’angolo”?
In via di ipotesi, da qui alla prossima Legge di Bilancio di ottobre, non è da escludere che si possa far ricorso nuovamente all'arma dell'incremento del deficit, anche se al momento appare improbabile.
Proprio in considerazione dell'approssimarsi della scadenza del periodo di sospensione delle regole del patto di stabilità, occorrerà al contrario mettere in campo un percorso anche più stringente di riduzione del deficit, che potrà essere favorito dalla maggiore crescita del Pil sospinta dal pieno utilizzo delle risorse del Next Generation EU (tra luglio e agosto verrà corrisposta la prima tranche, pari a circa 25 miliardi).
Il debito va comunque ridotto
Con la legge di assestamento (si legge nel sito web del Ministero dell'Economia) anche i centri di costo “aggiornano le previsioni iniziali dei costi da sostenere nell’anno (Budget a Legge di Bilancio) in funzione degli obiettivi concretamente perseguibili per realizzare i compiti ad essi assegnati e garantire le attività per il loro funzionamento. La contabilità analitica per centri di costo viene quindi resa coerente con le modifiche al bilancio finanziario apportate dall'assestamento”.
Al di là dei contenuti di un provvedimento che riveste prevalente carattere tecnico-contabile, si conferma l'assoluta necessità che il debito pubblico si avvii verso un percorso di graduale riduzione.
Quest'anno si toccherà il picco del 159,8% e nel 2022 il 156,3%. La discesa del debito è la condizione imprescindibile (soprattutto quando cesserà la politica monetaria espansiva della Bce che sta garantendo un costo di finanziamento del debito a tassi molto contenuti) per garantire la piena sostenibilità dei conti pubblici nel medio periodo.
Un contributo, se pur non decisivo, potrà derivare dall'inflazione ma è evidente che la partita principale va giocata sul terreno della crescita. E qui entra in gioco nuovamente la capacità del nostro Paese di utilizzare a pieno e nei tempi stabiliti, le ingenti risorse del Recovery Plan, pari a circa 248 miliardi se si comprende anche il fondo complementare da 30,6 miliardi istituito dal Governo, il cui compito è quello di integrare con risorse nazionali il Piano Nazionale di ripresa e resilienza.
A cura di: