CORONAVIRUS E LAVORO: È PARTITA LA “CACCIA” AL MALATO

Per contenere l’emergenza epidemiologica alcuni datori di lavoro si sono attrezzati con misure “fai-da-te” che prevedono in alcuni casi la misurazione della febbre al momento dell’accesso in azienda, ai dipendenti, ai visitatori e agli utenti terzi (manutentori, fornitori, prestatori di servizi). Ma siamo certi che si possa fare?

Premesso che l’Art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, misurare la temperatura corporea (la “febbre”) dei dipendenti o di eventuali soggetti terzi, vietando loro l’entrata e quindi discriminandoli, non rientra tra le misure legittimate nell’articolo in oggetto.

Analogamente rimane altresì vietata anche la possibilità di:

- Acquisire una “autodichiarazione” da parte dei dipendenti e visitatori e utenti dell’azienda in ordine all’assenza di sintomi influenzali, in quanto non rientranti nell’ambito aziendale ovvero strettamente lavorativo.

- Raccogliere, all’atto della registrazione di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da Coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti e frequentazioni, come misura di prevenzione dal contagio.

Tutte queste misure, andando ad intaccare la sfera personale di soggetti terzi, rientrano nella fattispecie dei trattamenti illeciti previsti dal Regolamento Europeo 679/2016 che, come ormai sappiamo, prevede sanzioni amministrative fino a 20 milioni di euro. Il Garante specifica che la raccolta di questo tipo di informazioni spetta all’azienda sanitaria territoriale, agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla Protezione Civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate, mentre il datore di lavoro rimane obbligato ad astenersi dal raccogliere informazioni rientranti nella sfera extra lavorativa.

Premettendo che il datore di lavoro non è mai autorizzato ad effettuare direttamente accertamenti medici o epidemiologici, si ricorda che la violazione di questi precetti nei confronti dei lavoratori dipendenti rientra nei casi sanzionabili penalmente dall’Art. 38 dello Statuto dei Lavoratori.