CRISI AZIENDALE: QUALI SONO I SEGNALI DI ALLARME?

Il CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili), ha adottato una struttura ad albero al fine di definire:

  1. La situazione del patrimonio netto;
  2. Il DSCR (Debt Service Coverage Ratio), un indice che sintetizza la sostenibilità del debito nei sei mesi successivi che, nel caso in cui sia inferiore a 1, presume lo stato di crisi. Qualora il DSCR non sia disponibile, o ritenuto non affidabile, sono utilizzati i seguenti 5 indici:
  1. Il rapporto tra oneri finanziari e il fatturato;
  2. Il rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
  3. Il rapporto tra cash flow e attivo;
  4. Il rapporto tra attività a breve termine e passività a breve termine;
  5. Il rapporto tra indebitamento previdenziale e tributario e attivo.

Il tutto è utilmente rappresentato in un diagramma di flusso – fonte CERVED, dal documento Analisi d’impatto dell’applicazione degli indici di allerta – che disegna con semplicità ed efficienza come vengano intercettati i segnali di crisi.

In effetti la linearità del diagramma di flusso non è scevra da tutta una serie d’interpretazioni. Sui social illustri commentatori forniscono in merito vari pareri sugli strumenti con i quali intercettare sin dall’inizio segnali di una possibile crisi finanziaria. È sufficiente vedere quali e quante interpretazioni sul numeratore e sul denominatore del DSCR (Debt Service Coverage Ratio), a sei mesi trovino spazio per individuare due linee di tendenza che si fanno strada:

  1. Che la crisi e il pericolo di futura insolvenza siano un accadimento subitaneo ed improvviso;
  2. Che siano necessari particolari strumenti estranei o esterni alla gestione contabile, strumenti previsionali, predittivi, qualitativi di ogni tipo, per far emergere segnali di futura crisi.

A fronte di questi dubbi ci viene in aiuto un altro diagramma di flusso – fonte Sole 24 Ore La Dinamica della Crisi - che ripercorre in 12 punti l’evolvere dei fatti che porta un’azienda in bonis all’emergere di uno stato di crisi e d’insolvenza.

È molto ben fatto ed introduce un punto di vista che, nella frenesia dell’avvicinarsi degli obblighi posti dalla nuova normativa, è stato a mio modestissimo parere trascurato. Le aziende sono organismi complessi e dinamici che possono subire eventi negativi e/o scontare scelte sbagliate della governance e comunque “rimanere in linea di galleggiamento”. Il patrimonio netto negativo, DSCR <1 e/o il contemporaneo superamento dei 5 indici di alert, non segnala il pericolo di crisi, ma conclama uno stato di crisi forse irreversibile.

Voglio nel merito proporre tre osservazioni conclusive:

  1. L’insolvenza non colpisce l’azienda come un meteorite, senza che prima vi siano state delle avvisaglie. Nella norma, il percorso che porta un’azienda in bonis a una crisi conclamata non è quasi mai semestrale, il più delle volte è pluriennale, con accelerazioni ma anche con rallentamenti.
  2. Gli stati intermedi, dalla riduzione dei ricavi e/o incremento dei costi, sino alla Incapacità di sostenere il debito, sono normalmente evidenziabili da un attento esame dei bilanci di verifica contabili trimestrali, (non servono strumenti particolari oltre la normale competenza).
  3. Da ultimo, chi meglio del commercialista – che assiste e segue l’azienda, spesso da quando è nata – è in grado di verificare le linee di tendenza che trimestre dopo trimestre, evidenzino l’insorgere del pericolo di crisi.