In questo periodo di emergenza Covid-19 a risentirne maggiormente sono soprattutto le categorie degli esercenti (stiamo parlando di negozi, ristoranti etc.). Il problema cui devono fronteggiare non è soltanto legato alla mancanza delle entrate date dal non lavorare, ma anche quello degli affitti. Vediamo quali sono le disposizioni di legge e della giurisprudenza di merito.
Gli affittuari di immobili ad uso diverso (operatori economici, enti etc.) sono alle prese con la de-costificazione dei conti economici delle proprie imprese al fine di mantenere la continuità aziendale in questo lungo, anzi lunghissimo, “stop and go” a cui, per decreto, debbono inesorabilmente sottostare tutte le attività identificate ne vari provvedimenti governativi.
Di fatto l’emergenza sanitaria Covid-19 di cui DPCM del 11 marzo 2020 ha disposto la chiusura di specifiche attività determinandone – de plano – l’impossibilità per gli affittuari di utilizzare l’immobile, quale prestazione dovuta dalla controparte che è il Locatore.
A nostro parere il dettato normativo di riferimento può essere quello:
a) dell’impossibilità sopravvenuta di cui all’art. 1463 del codice civile che così sancisce: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito”;
b) dell’impossibilità sopravvenuta parziale di cui all’art. 1464 del codice civile che definisce “Impossibilità parziale” a norma della quale “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale”.
Pertanto, in applicazione alle predette disposizioni, l’affittuario non sarà responsabile del ritardo nell’adempimento. Si tratta di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione. Dal momento in cui l’impossibilità sopravvenuta sarà cessata, l’affittuario sarà tenuto al pagamento dei canoni.
Ovviamente per le attività che sono state “chiuse” per decreto (ristoranti, bar, negozi, pubblici esercizi, palestre etc. e ogni altra attività elencata nei copiosi decreti e DPCM per il contenimento Covid-19), la mancanza di incassi determina l’impossibilità di adempiere all’obbligazione indi alla regolare corresponsione del canone nei termini contrattualmente pattuiti ai sensi dell’art. 1256 del codice civile. Ciò e solo per il tempo per il quale durerà la stessa emergenza sanitaria.
L’art. 91 del DL 17 marzo 2020 n.18 introduce, altresì, una disposizione che è diretta a considerare le conseguenze di un inadempimento qualora derivino dal “rispetto delle misure di contenimento del Covid-19”, dove va precisata che tale situazione va sempre valutata ai fine dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 del codice civile, da eventuali decadenze e/o penali connesse a ritardi o pretesi inadempimenti, trattandosi di disposizioni esplicitamente statuite agli artt. 1256 (impossibilità definitiva e temporanea) e 1258 (impossibilità parziale) del codice civile.
Anche la Corte di Cassazione ha trattato il caso in cui la prestazione del locatore (concedere l’immobile), seppur di per sé non divenuta impossibile, sia di fatto inutilizzabile da parte dell’affittuario.
Di fatti la Suprema Corte ha testualmente sancito che “in tema di risoluzione del contratto, l'impossibilità sopravvenuta della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili l'adempimento della prestazione da parte del debitore o l'utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell'obbligazione.” (Cassazione civile sez. III – 29 marzo 2019, n. 8766).
In parole più semplici: se l’affittuario non può utilizzare l’“azienda” ove insiste l’immobile oggetto del contratto di locazione ad uso diverso (inutilizzabilità temporanea in seguito al Covid-19) , si può credere fondatamente che questi sia liberato dall’effettuare la sua controprestazione e cioè quella di corrispondere il canone per il periodo in cui si è verificata l’impossibilità parziale senza incorrere nell’inadempimento.
AFFITTO DI AZIENDA
Ben più complessa e magmatica è la casistica che ora ci occupa, direi connotata da una significativa incertezza.
L’affittuario può ragionevolmente sostenere che il proprio interesse sia quello di poter continuare a svolgere l’attività oggetto del contratto di affitto di azienda. Indi, l’impossibilità a svolgerla per motivi assolutamente indipendenti dalla volontà delle parti genera – de plano – l’ineludibile estinzione della controprestazione del locatore (in ragione dei decreti e Dpcm Covid-19) anche se essa in astratto sia ancora eseguibile giacché l’inutilizzabilità dell’azienda porta l’affittuario a non coltivare più alcun interesse al riguardo.
Ne consegue che quest’ultimo non potrà essere chiamato ad adempiere agli obblighi contrattuali (pagamento del canone) stante il venir meno di quegli elementi costitutivi impliciti del contratto a obbligazioni corrispettive, quelli cioè nel quale ogni parte assume l'obbligazione di eseguire una prestazione in favore dell’altra parte contraente esclusivamente in quanto siffatte parti a loro volta assumono l'obbligazione di eseguire una prestazione in suo favore.
CONCLUDENDO
Alla luce delle dissertazioni sin qui riportate e con tutte le riserve e cautele che il caso impone, riteniamo che l’affittuario potrebbe essere esonerato dal pagamento dei canoni per tutto il periodo emergenziale Covid- 19 ovviamente dandone immediata comunicazione PEC o raccomandata a.r. al locatore, escludendo l’ipotesi di un’automatica riduzione dello stesso canone.
Vale la pena di ricordare che gli scenari potrebbero essere:
a) Contattare il locatore anticipandogli verbalmente l’invio della comunicazione PEC o raccomandata a.r. per cogliere il suo pieno consenso, in via assolutamente amichevole, per la sospensione della corresponsione (totale o parziale) del canone per tutto il periodo emergenziale;
b) In caso di rifiuto, ovviamente mantenendo, ahimè, regolarità nel pagamento del canone onde evitare eccezioni di risoluzione del contratto, l’affittuario potrà convocare il locatore in mediazione come previsto dal D.Lvo 28/2010;
c) In caso di fallimento della accennata mediazione, si dovrà purtroppo sostenere le ipotesi formulate in precedenza in via giudiziale.
Stante la delicatezza della questione trattata ancor più in termini di responsabilità ed inadempimento contrattuale, Vi consigliamo – in ogni caso – di rivolgervi al vostro Professionista di fiducia.
Renier e Associati, avendo già analizzato le tematiche oggetto del presente approfondimento, è a vostra disposizione per un esame delle specifiche clausole contrattuali e per valutare conseguentemente la migliore strategia adottabile nel caso concreto.