FAMILY INFLUENCER: QUANDO IL “LIKE” PESA SUI MINORI

Bagnetti in diretta, pannolini, nanna, sfoghi, challenge, unboxing forzati. L’infanzia oggi è spesso un set.

Terre des Hommes lancia un appello: tuteliamo i figli dei family influencer, troppo spesso protagonisti inconsapevoli di contenuti commerciali.

Una ricerca di Terre des Hommes Italia con L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria IAP e ALMED (Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), ha analizzato 20 profili di family influencer e 1.334 contenuti social.

I minori compaiono in 1 post organico su 2 e in 1 sponsorizzata su 4. In circa 1/3 dei contenuti pubblicitari sono parte attiva dell’advertising: scartano il prodotto, lo presentano, promuovono l’offerta.

Capitolo privacy: tutele come pixel, riprese di spalle o emoticon sul volto? Rarissime.

Compaiono solo nel 7% degli organici e crollano al 2% negli ADV. Nel 29% dei casi emergono situazioni a rischio: 21% momenti intimi (bagnetto ecc.), 6% trend/challenge, 1% momenti emotivamente critici.

Lo 0,65% dei minori rifiuta esplicitamente la ripresa; nel 63% fa da sfondo, probabilmente senza consapevolezza. E il tema del consenso è enorme: l’80% dei bambini esposti ha 0–5 anni.

Cosa chiedono gli esperti, in linea con il Disegno di Legge oggi in Senato?

- Equiparare la partecipazione dei minori ai contenuti pubblicitari/commerciali dei genitori alle altre forme di lavoro minorile già ammesse dalla legislazione italiana.

- Valutazione preventiva dei contenuti dell’advertising da parte della Direzione Provinciale del Lavoro al fine di garantire la tutela dei minori e prevenire rischi per la salute psico-fisica.

- Registro pubblico dove gli influencer dichiarino gli ADV con coinvolgimento dei minori, con collaborazione tra DPL e Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria.

Strumenti sempre più necessari perché, sottolinea Federica Giannotta, Responsabile Advocacy di Terre des Hommes, quando un genitore trasforma il proprio figlio in parte di un’attività commerciale, assume di fatto un doppio ruolo: quello di datore di lavoro e di genitore, con il rischio di compromettere la relazione di fiducia e sicurezza su cui si fonda l’infanzia. Per un bambino, soprattutto nei primi anni di vita, la perdita di spazi protetti e la messa in scena di momenti intimi possono minare il senso di protezione e la capacità di distinguere la realtà dalla finzione. Senza contare che la presenza online li espone a potenziali rischi di adescamento e pedopornografia”.

"I social media hanno creato opportunità lavorative prima inedite che consentono di trovare nuovi equilibri fra lavoro e vita privata. Questo però rischia di comportare una sovraesposizione dell'infanzia e dell'adolescenza, di non definire in modo ottimale i confini fra vita personale e professionale o di non tutelare adeguatamente i diritti", conclude Elisabetta Locatelli, ricercatrice dell'Università Cattolica.

L’infanzia non è una scenografia: è spazio protetto.

Fonte:

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2025/11/05/caso-family-influencer-quando-si-sfrutta-il-pupo_1f64e165-51e5-481a-9f8c-878cbba7611d.html?fbclid=IwY2xjawN5jzFleHRuA2FlbQIxMQBzcnRjBmFwcF9pZBAyMjIwMzkxNzg4MjAwODkyAAEecRw1e_eCCRKHkDrVL7KnFPUK3bSmDXDCFCq4ObdAG9ntPvRMyZDcgGBwMhg_aem_laGZ3Rj0Ak5jDTMnZlvP7g

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