I CONTRATTI CONCLUSI IN VIOLAZIONE DELLA PRIVACY VANNO SANATI

È illecito prendere in carico l'ordine del cliente, contattato con una telefonata commerciale, se non ha dato a monte il consenso a riceverla.

L'impresa deve sanare la situazione confessando al cliente la violazione originaria e chiedendo, se, nonostante ciò, intenda confermare la fornitura.

È quanto affermato dal Garante della privacy nell'ingiunzione n. 183 del 13/4/2023, che fa discendere gravi conseguenze contrattuali dalle pratiche di telemarketing abusivo.

L'ingiunzione citata ha irrogato a un operatore telefonico una sanzione di oltre 7,6 milioni di euro e rientra in una vasta operazione di contrasto del telemarketing aggressivo, comprendente altre 2 sanzioni a compagnie del settore energia, rispettivamente di oltre 237 mila euro (ingiunzione n. 182 del 14/4/2023) e 676 mila euro (ingiunzione n. 181 del 14/4/2023).

L'intento del Garante è di “tagliare le gambe” al sottobosco di call center che, in spregio alle leggi sulla privacy, fiscali e di tutela dei lavoratori, trovano alimento dal fatto che, comunque, i contratti conclusi con i clienti sono caricati sulle piattaforme degli operatori telefonici ed energetici.

Si tratta di call center, che indebitamente usano credenziali per accedere ai data-base delle società.

E proprio il non avere realizzato un apparato tecnico ed organizzativo idoneo a controllare chi opera sulle piattaforme e a sbarrare la strada agli abusivi è la principale accusa mossa dal Garante, che pretende dalle compagnie, le quali incamerano i contratti, di essere al contrario un avamposto contro le violazioni della privacy. Non ha avuto successo la linea difensiva delle imprese costruita sulla loro estraneità rispetto a chi commette le violazioni.

Il Garante ha ribattuto che le compagnie non hanno sufficientemente provato di avere adottato condotte tese ad arginare gli illeciti e, pertanto, questi sono a loro riconducibili. In caso di impugnazione delle ingiunzioni, le imprese probabilmente sosterranno che per sanzionare ci vuole la prova positiva del commesso illecito, mentre non basta la prova negativa della condotta lecita.

Rientra sempre nella strategia di sradicare la piaga del telemarketing selvaggio, l'affermazione dell'ingiunzione n. 183/2023, secondo cui un contratto acquisito in violazione della privacy (senza consenso preventivo al telemarketing) non deve entrare nei sistemi delle imprese, perché nasce da un fatto illecito e perché trasgredisce l'articolo 2-decies del Codice della privacy (divieto di utilizzo dei dati trattati in violazione della privacy).

Questa presa di posizione deve fare molto riflettere le imprese, perché significa che la violazione della privacy è una “spada di Damocle” che compromette contratti, provvigioni degli intermediari e fatturati delle imprese. Il problema è molto delicato.

Ne è consapevole lo stesso Garante, che riconosce che travolgere un contratto firmato dal cliente va contro la volontà dello stesso cliente, il quale ha firmato, anche se ha ricevuto una chiamata indesiderata. Per uscire dall’impasse, il Garante delinea una procedura di sanatoria: l'impresa deve informare il contraente che il contatto originario era illecito e verificare se lo stesso conferma di voler ricevere la fornitura; solo in caso affermativo, la compagnia prende in carico il contratto e paga la provvigione all'intermediario.

Peraltro, si ritiene che, ferme restando le sanzioni amministrative, non tutte le violazioni della privacy possano invalidare i contratti, potendo attribuire questo effetto solo a quelle incidenti sulla formazione della volontà del contraente.

 

Fonte: https://www.italiaoggi.it/news/da-sanare-i-contratti-conclusi-in-violazione-della-privacy-2604030#Echobox=1686432811

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