I METODI PATRIMONIALI O MISTI PER STIMARE IL VALORE D’AZIENDA

Dopo aver esaminato i metodi reddituali e prima di esaminare i metodi patrimoniali o misti, ritengo utile riepilogare le principali caratteristiche di qualsivoglia processo di valutazione aziendale e di determinazione del capitale economico d’impresa ribadendo che il valore è un concetto diverso dal prezzo.

I principali requisiti possono sinteticamente essere espressi per punti:

a) la valutazione non è mai obiettiva;

b) la valutazione ha una sua validità temporale;

c) la valutazione cambia in relazione allo scopo per cui è fatta (acquisto, successione, contenziosi, fusioni, ecc.);

d) la percezione del valore varia a seconda del soggetto coinvolto nella transazione (venditore o acquirente);

e) la valutazione d’azienda richiede l'esercizio di una stima ed è dunque di per sé frutto di elaborazioni soggettive, ben sapendo che, mai come in questo caso, la scelta della metodologia non è neutra ma determina il processo di valutazione.

Il metodo patrimoniale e misto analizza il valore dell’azienda evidenziando due elementi:

a) il capitale netto rettificato;

b) la capacità della stessa di generare redditi futuri (avviamento o reddito atteso).

Il capitale netto rettificato viene determinato nettando il patrimonio netto contabile da poste – appunto rettificative dei valori patrimoniali – quali, per lista non esaustiva:

1) il valore commerciale dei beni immobilizzati (macchinari, attrezzature, etc.). Nell’elaborato ho ipotizzato un plusvalore del 10%;

2) il valore commerciale dei beni in leasing, contrapposto alle rate a scadere, ovvero anche la quota capitale dei piani di ammortamento per le rate a scadere;

3) il valore commerciale delle rimanenze, per le quali nell’elaborato ho effettuato una prudenziale svalutazione del 5%;

4) l’effettivo valore dei crediti clienti (evidenziando i soli esigibili, liquidi e certi) per i quali nell’elaborato ho effettuato una prudenziale svalutazione del 5%;

5) la fiscalità, debiti contributivi e verso i dipendenti latenti al fine di evidenziare eventuali rischi patrimoniali;

6) il contenzioso latente vs. clienti e fornitori.

Il reddito medio atteso, deve essere normalizzato, ovvero prevedere:

1. l’eliminazione degli elementi non inerenti alla gestione caratteristica dell’azienda stessa;

2. l’inserimento dei costi figurativi, la corretta remunerazione dei soci lavoratori, gli interessi intesi come il mancato compenso qualora il capitale fosse stato impiegato in un investimento finanziario alternativo.

Per utilizzare questi strumenti valutativi, si espone conto economico e stato patrimoniale – entrambi riclassificati – dell’azienda:

Da cui determiniamo il REDDITO MEDIO ATTESO (R) e il CAPITALE NETTO RETTIFICATO (K)

L’analisi reddituale rispetto al metodo puro reddituale, è qui rivista nell’ottica di valutazione della sola componente avviamento. Tale componente assume pertanto consistenza e rilievo in termini di valore in quanto elemento in grado di consentire all’azienda di tradurre la propria posizione competitiva in flussi di sovrareddito.

La formula adottata per il calcolo del valore del capitale economico (W) è cosi riconducibile a due componenti: il capitale netto rettificato (K) e la capitalizzazione del sovrareddito (Goodwill) su un arco temporale limitato o illimitato.

W = K + (R – i*K)/i’

Il tasso di rendimento normale (i) esprime una misura di rendimento giudicata soddisfacente, nel limite della norma, tenuto conto del grado di rischio che l’azienda incontra.

Si attualizza con la formula solo il reddito superiore a quello considerato nella norma per la determinazione dell’avviamento.

L’utilizzo di tale metodo ha trovato largo impiego nella pratica in quanto riesce a considerare contemporaneamente gli aspetti patrimoniali e reddituali evidenziando così, sia una valutazione obiettiva e verificabile, sia una stima dell’avviamento.

Si attualizza con la formula solo il reddito superiore a quello considerato nella norma per la determinazione dell’avviamento.