IL CARO PREZZO DEL CORONAVIRUS: CHI METTERÀ LE MANI NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI?

C’è chi lo ha chiamato “il debito degli innocenti”; è il debito pubblico, non attribuibile alla volontà di nessuno, che tutti gli Stati europei dovranno fare per superare la crisi sanitaria ed economica indotta dalla imprevedibile pandemia del Coronavirus.

Nella riunione di giovedì 9 aprile, l'Eurogruppo avrebbe accettato di creare un Fondo per la ripresa (Recovery Fund), collegato al budget dell'Ue, da finanziare “con strumenti innovativi”.

Alla riunione del Consiglio europeo (del 23 aprile) si dovrà chiedere che il Recovery Fund abbia una data precisa per essere attivato, una consistenza finanziaria almeno doppia rispetto alle misure finora prese e si basi sul debito comune europeo e non su trasferimenti nazionali. Il Fondo dovrà essere collocato nel bilancio dell'Ue, gestito dalla Commissione sotto la vigilanza del Parlamento europeo e dello stesso Consiglio europeo.

Se anche i leader europei dovessero arrivare ad una dichiarazione di intenti, e non è affatto scontato, le risorse del Fondo andrebbero definite a fine anno nell'ambito del futuro bilancio pluriennale della Ue e in ogni caso l'efficacia del Fondo sarebbe dal 2021.

Lo scenario d’incertezza e i tempi lunghi prevedibili per l’eventuale Recovery Fund rendono necessario predisporre un piano B. Un piano che, nell’ipotesi che non si concretizzino strumenti di solidarietà europea, conti sulle proprie forze. Un piano dove la dichiarazione “Ci opporremo con tutte le nostre forze ad ogni tentativo di mettere le mani nelle tasche e nei conti degli italiani”, sia superato dall’evidenza che non esistono altre tasche in cui mettere le mani e che è certo che un previsto calo del PIL del 10/15%, va affrontato con soldi veri e non chiacchiere.

Non dovrebbe del resto sfuggire che il DL liquidità appena varato, ha già individuato le tasche a cui far pagare il conto del Coronavirus. Le imprese italiane possono indebitarsi sino a 400 miliardi, denari che - seppur garantiti dallo Stato – andranno rimborsati al sistema bancario in 5/7/10 anni, depauperando la capacità d’investimento delle imprese. È singolare che i difensori delle tasche degli italiani non abbiano sottolineato a sufficienza questo aspetto concentrandosi sui ritardi del DL liquidità e del sistema bancario.

Come si mettono le mani nelle tasche “private” degli italiani?

Storicamente si rilevano tre strade in cui si mettono le mani nelle tasche dei cittadini, qui di seguito gli esempi:

• Patrimoniale: ha carattere personale in quanto colpisce il patrimonio complessivo delle persone fisiche. In Italia vi sono delle imposte che colpiscono non il reddito ma il possesso di beni, ad esempio sulla casa e il bollo auto, ma oggetto della trattazione sono le imposte sul patrimonio con finalità straordinaria. Gli esempi più rilevanti:

1- Un'imposta straordinaria sul patrimonio fu istituita dopo la Prima Guerra Mondiale (con il R.D.L. 5 febbraio 1922), allo scopo di effettuare un prelievo straordinario sulla ricchezza nazionale, essa colpiva sia le persone fisiche sia gli enti collettivi (escluse le società per azioni).

2- Negli anni tra il 1936 e il 1938 le eccezionali esigenze della finanza statale (Guerra d'Africa) determinarono la successiva istituzione di altre tre imposte patrimoniali, anch'esse di carattere straordinario:

-Sulla proprietà immobiliare (5 ottobre 1936);

-Sul capitale delle società per azioni (13 gennaio 1938);

-Sul capitale delle aziende industriali (19 gennaio 1939).

Nel 1992 il Governo Amato, al fine di evitare un ulteriore dissesto finanziario e permettere alla lira di restare agganciata al sistema monetario europeo, istituì dei tributi una tantum:

1. Il primo, del 6 per mille, sui depositi bancari o postali in essere al 9 luglio 1992;

2. Il secondo (ISI, imposta straordinaria immobiliare), del 2 per mille, sui valori catastali di fabbricati residenziali o strumentali; l’aliquota fu innalzata al 3 per mille per i fabbricati diversi dall’abitazione principale;

3. Su alcuni beni di lusso, come imbarcazioni, velivoli, automobili di elevata cilindrata e riserve di caccia e pesca;

4. Sul patrimonio netto di ditte individuali, società ed enti commerciali e non, con aliquota pari al 7,5 per mille;

Le eccezioni di incostituzionalità furono respinte dalla Corte Costituzionale.

Nel merito, la vulgata che una imposizione del 5% sulla ricchezza privata – ca 9.500 MLD di euro – portando nelle casse dell’erario oltre 400 MLD sia risolvente, va smentita:

1. Più del 50% della ricchezza è illiquida e anche un eventuale cartolarizzazione del prelievo – che lo spalmi in 5/10 anni – si scontra con l’effettiva disponibilità delle famiglie;

2. Un prelievo fiscale di tale dimensione desertificherebbe la capacità di investimento e di consumo delle famiglie, l’esatto contrario di ciò che è necessario.

• Prestito forzoso: con la denominazione "Contributo straordinario per l'Europa", meglio conosciuta come "eurotassa", viene indicata un'imposta approvata dal Governo Prodi I il 30 dicembre 1996 con un decreto di fine anno che implicava una manovra tributaria di 4300 miliardi di lire, necessari per ridurre il disavanzo dello Stato dello 0,6% per consentire il rispetto dei parametri di Maastricht ai conti pubblici italiani, permettendo conseguentemente l'ingresso dell'Italia nell'area euro. Tale imposta consisteva in un'addizionale alle imposte sul reddito delle persone, prelevata ai lavoratori dipendenti in nove rate mensili da marzo a novembre 1997. Per i lavoratori autonomi, o comunque titolari di redditi oltre a quello da lavoro dipendente, fu previsto un versamento in due rate con scadenza al 31 maggio e al 30 novembre 1997.

La restituzione - avvenuta a partire dalla fine del 1998 – del 60% del prelievo lo classifica quale prestito forzoso.

• Prestito di guerra: prevede l’emissione di bond trentennali, indirizzati al solo mercato nazionale, resi convenienti dalla completa esenzione fiscale presente e futura e da un rendimento appetibile.

Ecco alcuni esempi di emissione di prestiti di guerra nel corso della storia (Prima Guerra Mondiale):

1. D. 19/12/1914, n.1371 per 1 miliardo di lire.

2. D. 15/6/1915, n. 869 per somma illimitata. In complesso le sottoscrizioni ammontarono a 1 miliardo e 151 milioni di capitale nominale.

3. D. 22/12/1915, n.1800 per una somma illimitata. In totale furono emessi titoli per 4 miliardi e 66 milioni.

4. D.2/1/1917, n.3 per somma illimitata. Per la prima volta si trattò di un debito consolidato e ne fu dichiarata l'inconvertibilità fino al 1931. Le emissioni ammontarono a 7 miliardi e 150 milioni.

La raccolta complessiva fu di 13,36 miliardi di lire del tempo, corrispondenti rivalutate a 44,17 miliardi di euro del 2020.

Ma l’esempio più colossale ci viene dai prestiti USA nella Seconda Guerra Mondiale. Dopo Pearl Harbour gli Stati Uniti, impegnati su due fronti di guerra, Europa e Pacifico, si trovarono in una condizione di estrema debolezza, bisognosi di finanziare la trasformazione della loro economia in una economia di guerra.

L’iniezione di liquidità derivante da quattro emissioni di titoli di debito pubblico fu colossale. Contribuì a fare degli USA la prima potenza militare ed economica e di raggiungere per primi la bomba atomica.

Fornì carburante ad un sistema economico che, dopo il conflitto, formulò la European Recovery Program (Piano Marshall) che previde alla fine uno stanziamento di poco più di 14 miliardi di dollari per un periodo di quattro anni, finalizzato ad aiuti economico-finanziari per l’Europa. (Per inciso, tedeschi, olandesi, austriaci dovrebbero ricordare che il loro attuale benessere nasce anche dalla solidarietà che gli USA dimostrarono in quel frangente).

1. Il primo collocamento del prestito ebbe inizio il 30 novembre 1942 e terminò il 23 dicembre del medesimo anno. L'obiettivo iniziale era quello di raccogliere 9 miliardi di dollari e furono sottoscritti titoli per un ammontare di 13 miliardi.

2. Il secondo collocamento del prestito ebbe inizio il 12 aprile 1943 e terminò il 1° maggio dello stesso anno. L'obiettivo iniziale era quello di raccogliere 13 miliardi di dollari e furono sottoscritti titoli per un ammontare di 18 miliardi.

3. Il terzo collocamento del prestito ebbe inizio il 9 settembre del 1943 e terminò il 1° ottobre dello stesso anno. L'obiettivo iniziale era quello di raccogliere 15 miliardi di dollari e la raccolta fu di 19 miliardi di dollari di sottoscrizione dei titoli.

4. Il quarto collocamento ebbe inizio l’8 gennaio del 1944 e la raccolta fu di 16,7 miliardi di dollari di sottoscrizione dei titoli.

Queste quattro emissioni di titoli valsero 66,7 miliardi di dollari (1.005 miliardi rivalutati al 2020). Sia in Italia che negli USA i motivi del successo nella raccolta furono:

1. Una fortissima campagna di moral suasion per stimolare la sottoscrizione a favore dello sforzo bellico;

2. Un rendimento dei titoli a tasso fisso, appetibile rispetto ad altri investimenti finanziari per rendere conveniente la sottoscrizione;

3. Un’assoluta esenzione da imposte, presenti e future.