IN TEMPO DI CORONAVIRUS TORNA IN AUGE LO SMART WORKING: ECCO TUTTE LE REGOLE PER ATTIVARLO

Il lavoro agile (o Smart Working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. Nell’accordo che è da sottoscrivere da entrambe le parti vengono identificate la durata (a tempo indeterminato o determinato), il preavviso richiesto, l'utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone), le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, tenendo conto dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie, in particolare, per quanto riguardo l’orario di lavoro, il diritto alla disconnessione, le tutela prevista in caso di infortuni e malattie professionali secondo le modalità illustrate dall'INAIL nella Circolare n. 48/2017.

A seguito del Dpcm dell’8 marzo sono state previste modalità agevolate per accedere a questa forma di lavoro attraverso una comunicazione obbligatoria (da inviare preventivamente e comunque entro 5 giorni dall’avvio del lavoro agile) da effettuarsi tramite il portale Cliclavoro che dovrà essere accompagnata da una comunicazione al dipendente dell’informativa sulla sicurezza (si può utilizzare il modulo messo a disposizione dall’Inail). Il Dpcm ha eliminato, per la fase di emergenza (fino al 31 luglio), il requisito dell'accordo scritto tra azienda e dipendente ma si ricorda che questa modalità di lavoro non può essere usata dal dipendente in malattia o in quarantena o in isolamento fiduciario domestico.

Da ricordare che se lo Smart Working prevede periodi svolti in azienda alternati ad altri all’esterno, con il Dcpm dell’8 marzo, si presume che si possa consentire il ricorso ampio a questa soluzione, anche per l’intero orario lavorativo. In questa fase di emergenza, nonostante le modalità semplificate, rimangono a carico del datore di lavoro la verifica della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa». È obbligo, anche al fine di tutelare l’azienda e i clienti della stessa, di aggiornare/verificare il rispetto delle discipline interne, aziendali e obbligatorie in materia di protezione dei dati (anche a tutela del patrimonio aziendale), dando anche direttive nell’informativa o nell’accordo (o ancora in eventuale regolamento) ai fini della protezione del segreto industriale nonché della protezione dei dati personali. Dall’altro canto, va ribadito che la verifica delle disposizioni interne non può intendersi come controllo a distanza dei lavoratori che è proibito dallo Statuto dei Lavoratori e nello specifico dall’Art. 4 che vieta l’installazione e l’uso di apparecchiature tecnologiche e sistemi in grado di controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente che in un’interpretazione moderna dalla giurisprudenza e in seguito agli orientamenti del Garante della Privacy, comprende i sistemi di rilevazione della posizione sino ai software che monitorano in maniera costante l’uso che viene fatto di Internet.

I datori di lavoro non potranno usare i software aziendali, le webcam e le altre tecnologie digitali per capire se lo smart worker è collegato al suo computer, se si trova in casa o se invece sta facendo sport, o per verificare quali siti internet sta utilizzando: oltre a essere contrario alla logica del lavoro agile, questo comportamento sarebbe illecito.