LA BALANCED SCORECARD

Controllare tutte le attività che si svolgono in un'azienda può essere una legittima aspirazione del management, ma di estrema difficoltà. Acquisti, vendite, logistica, amministrazione, servizio clienti... sono solo alcuni aspetti – non esaustivi – delle attività aziendali.

Uno strumento che misuri i risultati, senza avere un obiettivo all'orizzonte, può portare ad uno stato di incertezza sui progressi dell'azienda. Per ovviare a questa difficoltà, nel 1992 gli economisti statunitensi Robert Kaplan e David Norton svilupparono la prima balanced scorecard (BSC).

La BSC è uno strumento di gestione aziendale che misura le attività di una società sulla base della visione e della strategia a lungo termine. In questo modo, grazie agli indicatori della balanced scorecard, i manager aziendali dovrebbero avere una visione globale della strategia e dell'evoluzione dell'azienda.

Nel valutare l’efficacia dello strumento sono necessarie alcune considerazioni:

1. Lo sviluppo di Norton e Kaplan è del 1992, presumibilmente su studi e attività di analisi di anni precedenti;

a. Prima dell’esplodere della globalizzazione;

b. Prima del consolidarsi (per ciò che ci riguarda) dell’area euro;

c. Prima che la digitalizzazione portasse un’accelerazione parossistica dei processi economici, per cui un trentennio (1992-2021) assumesse il valore di un’era geologica;

d. Prima che eventi imprevisti e imprevedibili (ad esempio la pandemia globale del 2020-21) provocasse livelli d’incertezza difficilmente affrontabili.

2. Lo sviluppo di Norton e Kaplan è negli USA;

a. Così come lo Z-Score di Altman, su dinamiche economiche del tutto altre rispetto all’Italia;

b. Su dimensionalità aziendali relativamente enormi (public company, spesso quotate) con limiti normativi del tutto diversi.

Pertanto, se la BSC è uno strumento di scorecard indispensabile per la gestione strategica del business, in grado di misurare l'andamento delle attività di un'azienda, controllando l'evoluzione dei risultati degli obiettivi prefissati attraverso dei KPI (acronimo di Key Performance Indicators), il problema è individuare dei KPI che siano verificabili in una PMI in Italia nei diversi dipartimenti che compongono l'azienda, tra cui marketing, vendite, risorse umane e IT.

Preliminarmente è necessario raccogliere tutte le informazioni a livello strategico, che serviranno come input per la costruzione della BSC, preparando una checklist delle fonti di informazione strategica.

1. Rapporto con il cliente: questa prospettiva identifica e valuta l'opinione e le esigenze del cliente, come la soddisfazione, il tasso di rendimento o la redditività.

2. Finanziario: questa prospettiva è legata ai dati aziendali (profitti, rischio, crescita delle vendite, margine lordo/netto);

3. Processi interni: identifica gli obiettivi strategici e le metriche dell'organizzazione e della produzione;

4. Apprendimento e crescita: si riferisce alla capacità di crescita e di adattamento che un'organizzazione può generare attraverso lo sviluppo delle risorse umane.

Gli obiettivi più comuni sono quindi i seguenti:

1. Rapporto con il cliente: il numero totale di clienti (già presenti e nuovi), che vengono misurati attraverso indicatori quali la quota di mercato e la percentuale di nuovi clienti; la soddisfazione della clientela attraverso la sorveglianza di percentuali di reclami e tempi di risposta, ecc.; la fidelizzazione della clientela, l'indice di frequenza degli acquisti, la riduzione dei tempi di consegna.

2. Finanziario: la creazione di valore attraverso indicatori, la sostenibilità di questo valore nel futuro, i tassi di crescita rapportati a quelli del settore a livello globale, il fatturato, la redditività misurata con indicatori, i costi, la struttura finanziaria e, infine, la liquidità.

3. Processi interni: riduzione dei costi di produzione, miglioramento dei processi e loro rendimento.

4. Apprendimento e crescita: talento, capacità, know-how e competenze, che si misurano attraverso indicatori di selezione e formazione del personale; capitale delle informazioni: creazione di valore, costruzione di strategie, obiettivi di tempo e costi di questo processo; capitale organizzativo: leadership, cultura e lavoro di squadra.

Così schematicamente evidenziate - per punti - le caratteristiche della BSC, con un’ulteriore semplificazione, rileviamo l’applicabilità alla platea delle PMI italiane.

Agli strumenti dell’analisi finanziaria sui bilanci, sui budget, all’analisi dei rating (Z- Score di Altman, rating MCC), alla determinazione dei DSCR prospettici, l’innovazione della BSC si sostanzia in tre punti:

1. Formazione: misurare la capacità di accrescere le competenze;

2. Innovazione: misurare la capacità di innovare tecnologia, prodotto ed organizzazione;

3. Clima aziendale: misurare la capacità di mantenere un contesto collaborativo che faciliti le decisioni e le responsabilità del management.

Mentre normali competenze e attenzione rendono proficua l’analisi finanziaria, individuare KPI attendibili per misurare formazione, innovazione e clima aziendale è tutt’altro che semplice, anzi, assolutamente complicato se calato nella realtà delle PMI italiane, perché:

1. La maggior parte delle PMI sono imprese familiari, di prima generazione (padre e figli), di seconda generazione (fratelli e nipoti) e di terza generazione (cugini);

2. Dove spesso ad una maggior coesione dovuta ai vincoli familiari, si contrappongono:

a. Posizioni apicali dell’azienda “occupate” per vincoli familiari, al di là del merito;

b. Decisionalità influenzata o addirittura impedita da dinamiche familiari;

c. “Bulimia” del management dovuta alla successione generazionale.

Questa peculiarità, molto italiana, dove il management spesso coincide con la proprietà familiare, per la verità non è solo limitata alle PMI, basta pensare alle saghe di grandi famiglie imprenditoriali, i Ferrero, i Tanzi, i Ferruzzi/Gardini, i Cragnotti, i Benetton etc.

Sicuramente però era ed è una peculiarità del tutto estranea alla cultura economica degli USA e forse neanche immaginata da Norton e Kaplan.

Per quanto detto, se l’obiettivo principale è misurare la continuità aziendale e gli adeguati assetti organizzativi che la rendono possibile, nell’attuale realtà delle PMI italiane non mi appare lo strumento definitivo.