QUALI SONO I POSSIBILI EFFETTI SULLA LOCAZIONE AD USO COMMERCIALE A CAUSA DEL COVID-19?

La prima risposta normativa a tale situazione emergenziale non si presenta del tutto soddisfacente, atteso che l’art. 65 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cd. decreto “Cura Italia”), si è limitato a prevedere al comma 1, che, per contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa (non rientranti fra quelle essenziali di cui al D.P.C.m 11 marzo 2020), è riconosciuto per l’anno 2020 un credito d’imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

Ora, accanto agli effetti nel breve periodo della possibile crisi di liquidità che ha potuto attingere alcuni conduttori, superata la fase emergenziale e allentati i vincoli allo spostamento fisico delle persone, è anche possibile che l’importo del canone di locazione originariamente pattuito, divenga non più sostenibile in una cornice di complessiva recessione economica.

In tale prospettiva di continua evoluzione, vari sono i percorsi giuridici che potranno concretizzarsi e che potranno essere presi in esame dal conduttore.

Esercizio del diritto di recesso ex art. 27 ultimo comma Legge n. 392 del 1978

È in primo luogo ipotizzabile che la parte conduttrice, in mancanza di un’espressa previsione contrattuale in tal senso, possa far valere il diritto potestativo attribuitole dall’art. 27 ultimo comma della legge n. 392 del 1978. Costituisce insegnamento giurisprudenziale che l’ipotesi di recesso legale, invocabile ed esperibile dal conduttore, gli attribuisce la facoltà di svincolarsi dal contratto a prescindere dagli accordi assunti con il locatore, allorquando ricorrano “gravi motivi” da non consentire l’ulteriore prosecuzione della locazione. La gravità dei motivi deve essere apprezzata tenendo conto di determinati avvenimenti: a) sopravvenuti rispetto alla costituzione del rapporto locatizio; b) estranei alla volontà del recedente; c) imprevedibili, cioè eccedenti l'ambito della normale alea contrattuale, tali non solo da determinare un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie non altrimenti rimediabile (Cassazione del 13.06.2017 n. 14623; Cassazione del 27.03.2014 n. 7217), ma anche da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda globalmente considerata.

Ovviamente, ricade sul conduttore l’onere di provare la ricorrenza dei gravi motivi secondo la declinazione interpretativa appena indicata, avuto riguardo alla sua specifica situazione ed al proprio rapporto contrattuale, con l’avvertenza che l’esercizio legittimo del diritto di recesso, implicando la sola caducazione del rapporto contrattuale, non esonera il conduttore dall’obbligo di versare i canoni maturati durante il semestre di preavviso, che dovrà essere oggetto di opportuna trattativa alla luce dell’emergenza in corso.

Azionabilità della risoluzione contrattuale per “eccessiva onerosità” sopravvenuta

È altresì ipotizzabile che il conduttore possa azionare il diverso rimedio della “risoluzione per eccessiva onerosità”, che risulta decisamente così specifico e calzante da rendere assolutamente recessiva la ipotizzabilità di sussumere la fattispecie nell’ambito della tematica dell’impossibilità sopravvenuta. Giova avvertire che la fattispecie innanzi esaminata dell’esercizio del diritto di recesso, non è sovrapponibile alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 codice civile, in cui è necessario altresì che l’evento sopravvenuto sia eccezionale ed incida sulla sinallagmaticità delle prestazioni (Cassazione dell’11 agosto 1997, n. 7460).

In effetti, il disposto di cui all’art. 1467 codice civile, ritaglia un rimedio giudiziale per i contratti a esecuzione continuata, qual è il contratto di locazione, per il caso in cui avvenimenti straordinari e imprevedibili rendano una prestazione eccessivamente onerosa per una delle parti, per effetto del mutamento di valore della prestazione dovuta. Nessun dubbio ricorre sulla ripartizione dell’onere della prova, che chiaramente incombe sul conduttore.  

È poi opinione della Corte, che la parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto ex art. 1467 comma 1 codice civile, ma non ha diritto di ottenere l'equa rettifica delle condizioni del contratto, la quale può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio (locatore) con l'azione di risoluzione, in quanto la parte (conduttore) a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità della prestazione, non può pretendere che l’altra parte (locatore) accetti l'adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite (Cassazione del 26.01.2018 n. 2047; Cassazione del  25.03.2009 n. 7225).

Inoltre, il richiamo espresso all’art. 1458 codice civile compiuto dal primo comma dell’art. 1467 codice civile, non lascia adito a dubbi quanto all’efficacia temporale di una eventuale pronuncia di accoglimento, che appunto, opererebbe solo ex nunc, lasciando inalterate le debenze medio tempore maturate.

Azionabilità della “impossibilità parziale temporanea” sopravvenuta

Infine, è altresì ipotizzabile che il conduttore possa azionare il diverso rimedio della “risoluzione per impossibilità parziale” sopravvenuta. Infatti, laddove la prestazione di una parte sia divenuta solo parzialmente impossibile, l’articolo 1464 del codice civile prevede che, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento “parziale”.

Pertanto, nel caso di impossibilità sopravvenuta parziale della prestazione, il creditore della prestazione (locatore), può agire per ottenere alternativamente, o la riduzione della propria controprestazione (riduzione della superfice locata ove possibile), ovvero il recesso dal contratto qualora non abbia interesse ad ottenere una prestazione parziale, (dal conduttore).

Il contraente la cui prestazione è divenuta parzialmente impossibile (conduttore), invece, rimarrà obbligato nei limiti in cui la prestazione sia parzialmente possibile, ad effettuare l’adempimento parziale, (versamento parziale del canone).

In considerazione dei provvedimenti governativi che hanno disposto la chiusura di molte attività commerciali, una particolare ipotesi di “impossibilità parziale temporanea“ di eseguire la prestazione (o meglio di utilizzare la prestazione), potrebbe quindi ravvedersi con riferimento ai contratti di locazione ad uso commerciale, interessati dalle misure restrittive.

In siffatti casi, ancorché l’immobile sia almeno teoricamente in condizioni da poter essere utilizzato, ed ancorché il conduttore ne abbia la materiale disponibilità, quest’ultimo non può ovviamente goderne per tutto il periodo di vigenza del divieto imposto dalle Autorità, non potendo svolgere l’attività per il cui esercizio, l’immobile, era stato concesso in locazione.

Come per tutti i contratti a esecuzione continuata e periodica (tra cui rientra la locazione), “l’impossibilità temporanea” potrebbe assumere quindi i connotati di un’impossibilità parziale, con la conseguenza che il conduttore che non abbia interesse a recedere dal contratto, avrebbe diritto di ottenere una “corrispondente sospensione o riduzione del canone” di locazione, riduzione che andrebbe parametrata al periodo di mancato utilizzo dell’immobile.

Proprio la controvertibilità delle ipotesi prese in esame, renderebbe in linea generale auspicabile un serio intervento da parte del legislatore che, preso atto della singolare contingenza, provveda a introdurre nuove disposizioni che, a tutela del tessuto commerciale e degli interessi della piccola proprietà, consentano la rimodulazione temporanea dei termini contrattuali.

In definitiva, stante la delicatezza della questione trattata, priva di precedenti storico/giuridici, cui far riferimento per trovare soluzioni certe e incontrovertibili, è opportuno affidarsi ad un team di Professionisti che possa coaudivarvi nel trovare la soluzione più consona “caso per caso”, in base alle esigenze dettate dall’urgenza pandemica ed alle necessità della vostra azienda.

Fonte: articolo tratto da: il Caso.it del 31/03/20