STORIA DI RECESSIONI IN ITALIA: COME ANDRÀ A FINIRE QUELLA ATTUALE PROVOCATA DALLA PANDEMIA COVID-19?

Nella storia dell’Italia unita, dal 1861 ad oggi, quali sono state le crisi economiche più forti e come si colloca la recessione attuale, dovuta alle misure anti-Covid-19?

Si tratta di una valutazione molto utile perché permette di capire le dimensioni del problema e di quelle che dovrebbero, o potrebbero, essere le soluzioni.

In quasi 160 anni di storia dall’Unità d’Italia ad oggi abbiamo avuto 30 diversi anni in cui risulta una diminuzione del PIL reale, 2020 incluso.

Prima di tutto vediamo le recessioni in ordine crescente, da quelle meno forti alle più forti:

Figura 1

Il dato del 2020 è una stima del Fondo Monetario Internazionale, cioè il -10,64% diffusa nel suo ultimo “World Economic Outlook” di ottobre 2020.

Se questa stima fosse confermata, il 2020 sarebbe la terza peggior recessione di tutti i tempi, appena sopra quella del 1945 (-10,27%) che ci vide uscire distrutti dalla Seconda Guerra Mondiale.

Senza dubbio stiamo vivendo quella più profonda in tempo di pace, battendo di gran lunga le crisi finanziarie globali del 2008 (il PIL del 2009 fu del -5,48%) dovuta al crollo della Lehman Brothers e a quella del 1929 (il PIL del 1930 fu -4,69%) immediatamente successiva al crollo di Wall Street.

Nella prima metà del XX secolo si concentrano il maggior numero di anni di recessione: ben 17 anni sui 30 totali.

Figura 2

Concentrandosi sui dati a partire dal XX secolo:

1. Nel 1919, oltre ai danni conseguenti la Prima Guerra Mondiale, ci fu pure l’influenza spagnola.

2. Oltre la ormai “leggendaria” crisi del 29, nel ventennio va segnalata la crisi autoindotta di “Quota 90“, la massima espressione di politica monetaria del fascismo.

3. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e prima della moneta unica, troviamo solo due recessioni: nel 1975 dovuta alle conseguenze del primo shock petrolifero che colpì in tutto il mondo, mentre nel 1993 ci fu una recessione a livello europeo dovuta alla crisi del sistema monetario europeo.

4. Nel nuovo millennio abbiamo avuto, oltre alla recessione mondiale del 2008-2009, un ulteriore crollo del PIL che ha colpito alcuni Paesi dell’eurozona nel 2012-13.

La ripresa dalla crisi

Una volta incassato lo “shock”, la validità di un sistema economico si misura dalle capacità di reagire alle crisi economiche ma anche ad altri eventi catastrofici come le guerre.

Vediamo ora la “durata” di queste crisi, cioè quanto tempo passa affinché il PIL (in termini reali) recuperi i valori immediatamente precedenti ad una recessione.

Ci serviamo di due tabelle di fonte ISTAT sull’andamento del PIL dal 1900 alla fine della Seconda Guerra Mondiale:

Figura 3

Figura 4

1. I valori del 1913, l’anno che aveva preceduto la Prima Guerra Mondiale, furono recuperati nel 1923.

2. Nel 1945 il PIL tornò ai livelli del 1906-07, in questo caso i valori del 1939 – antecedenti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale – furono ripresi nel 1949.

3. Nel 1946 il PIL rimbalzò del 34,88%, da quest’anno comincia il trentennio di crescita che verrà interrotto con il primo shock petrolifero che portò alla recessione del 1975.

4. I valori pre-crisi del 1975 furono recuperati l’anno immediatamente successivo, idem quelli del 1993 dopo la crisi del sistema monetario europeo.

Non ho la competenza né gli strumenti né il know how per pronosticare valori e tempi di recupero dalla recessione causata dalla pandemia – che del resto è tutt’altro che conclusa – e mi affido come tutti alle capacità taumaturgiche del Professor Draghi.

Mi piace solo fare due osservazioni:

a) Se dopo la Seconda Guerra Mondiale il Paese usciva non solo con una fortissima recessione (PIL ai livelli del 1906) ma anche con lo “tsunami bellico” che aveva distrutto le strutture produttive e le infrastrutture, l’attuale fase vede un’assoluta glaciazione per tecnologia, innovazione, formazione e investimenti, con un orizzonte di recupero – ad oggi - del tutto incognito.

b) Del resto l’Italia del dopoguerra era un’Italia diversa dall’attuale. Con più voglia e più spirito di servizio, con meno corporazioni a difendere rendite di posizione. Sono un bambino del dopoguerra, ricordo quasi con nostalgia l’olio di fegato di merluzzo e le gallette della POA (Pontificia opera di assistenza) che venivano distribuiti nelle scuole.