Nella composizione negoziata della crisi, deve sempre sussistere un piano, almeno in forma di progetto preliminare, idoneo a costituire la base delle trattative con i creditori; la sua assenza comporta l’inidoneità della procedura a perseguire le finalità dell’istituto.
La mancanza di unità di intenti tra i soci di riferimento e l’assenza di una strategia coerente nell’ambito del gruppo di appartenenza rendono inidoneo il piano industriale a fondare trattative effettive con i creditori, venendo meno la condizione minima di affidabilità dell’impresa in crisi.
L’inerzia dell’imprenditore, che non avvii alcuna interlocuzione con i creditori durante la vigenza delle misure protettive, costituisce indice di impossibilità oggettiva di condurre le trattative, legittimando il giudice a subordinare la conferma delle misure al deposito di un piano concreto e verificabile.
Spetta all’esperto esprimere, all’esito dell’esame del piano, un parere motivato sulla possibilità di condurre trattative efficaci, in modo da consentire al giudice di valutare la reale prospettiva di risanamento e di modulare le misure protettive conseguenti.
Fonte: Il Caso.it