VIDEOSORVEGLIANZA SUI LUOGHI DI LAVORO

La videosorveglianza sui luoghi di lavoro è un tema particolarmente delicato: si tratta, infatti, di un settore trasversale, connotato dalla sovrapposizione di diverse normative che impongono il rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento, come quelle civili, penali e in materia di controllo a distanza dei lavoratori.

Parlando di videosorveglianza quindi è obbligo considerare le implicazioni in materia di privacy, protezione dei dati personali e soprattutto diritto del lavoro. Fino a qualche tempo fa per la regolamentazione di un impianto di videosorveglianza nei luoghi di lavoro dovevamo far riferimento al provvedimento generale del 2010 del Garante Privacy che si basava su un Codice Privacy “precedente” al GDPR (precedente cioè al D.lgs. 101/2018) e lasciava in alcuni casi possibilità interpretative “pericolose” dal punto di vista delle sanzioni.

Oggi prima il Comitato europeo per la protezione dei dati (European Data Protection Board - EPDB) e poi il Garante della Privacy sono interventi a chiarire alcuni punti.

L’EPDB specifica che le basi giuridiche possono essere utilizzate per giustificare la necessità di un impianto di videosorveglianza sono sia di natura organizzativa che per fini di sicurezza e tutela del patrimonio aziendale, ma sconsiglia l’utilizzo del consenso poiché per esempio all’interno dei rapporti di lavoro lo stesso non sarebbe considerato libero ed esplicito e quindi valido.

È obbligo altresì fare preventiva richiesta di autorizzazione all’installazione del sistema alla Direzione Provinciale del Lavoro di competenza o avere un accordo sindacale che ne legittimi l’installazione.

Il Garante invece dal canto suo ribadisce l’importanza fondamentale del rispetto dei principi generali in materia sanciti dall’art. 5 del Regolamento Europeo 679/2016 e riserva particolare attenzione:

- all’informativa da fornire agli interessati;

- ai tempi di conservazione delle immagini registrate;

- al trattamento di categorie “particolari” di dati personali.

Sul primo punto è importante altresì notare come la videosorveglianza preveda la doppia informativa: un’informativa minima (il cartello “area videosorvegliata”) ed un’informativa completa che deve essere resa conformemente a quanto disposto dal GDPR.

Per quanto concerne i tempi di conservazione delle immagini, viene richiamato il Principio di Responsabilizzazione del titolare (art. 5, paragrafo 2, del Regolamento), in base al quale spetta a quest’ultimo individuarli, tenendo conto del contesto e delle finalità, nonché dei rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche.

Detto ciò, si prevede che, in linea generale la conservazione non debba protrarsi oltre 24 o 48 ore dalla rilevazione delle immagini, essendo questo un termine adeguato per rilevare eventuali “atti vandalici o illeciti ai danni del patrimonio”.

Discorso diverso nel caso in cui le riprese video siano trattate per ricavare categorie particolari di dati: in questo caso il trattamento è consentito soltanto se risulta applicabile una delle eccezioni di cui all’art. 9 del Regolamento.

In via generale, particolare attenzione va posta al principio di minimizzazione dei dati, in quanto il titolare deve sempre cercare di ridurre al minimo il rischio di una loro acquisizione, indipendentemente dalle finalità.